Bankitalia : natura giuridica

Novembre 12, 2004 MacroEcoAnemia


Bankitalia : natura giuridica

Si è già messo in rilievo che, nonostante l’esplicita formula adoperata dalla legge, secondo cui la Banca d’Italia è un Istituto di Diritto Pubblico, tuttavia la sua organizzazione interna ricalca sostanzialmente quella propria di una società per azioni.

Infatti, gli organi amministrativi e di controllo, come avviene nelle suddette società, sono nominati dall’Assemblea Generale dei “partecipanti” : in particolare il Consiglio Superiore, che poi provvede a nominare tra i propri componenti il Governatore, il Direttore Generale e i due vice Direttori Generali.

L’approvazione delle nomine delle cariche monocratiche (come pure la loro revoca) da parte del potere politico (come prevede l’art. 19, sesto comma, dello statuto) non costituisce una significativa ingerenza politica che limiti l’autonomia e l’indipendenza della Banca d’Italia (e quindi in palese contraddizione con questi pilastri su cui si regge l’istituto), ma piuttosto un mero visto di legittimità.

È vero che la legge fa riferimento all’istituto dell’approvazione (“le nomine e le revoche debbono essere approvate“), e quindi a una valutazione da parte dell’autorità governativa della nomina (o della revoca), rivolta peraltro non alla sua validità, ma alla sua efficacia ; ma è anche vero che, sul piano meramente fattuale, il controllo del Governo si limita ad accertare soltanto se la nomina (o la revoca) sia aderente alla legge.

Bankitalia : natura giuridica

Deve poi aggiungersi che, oltre all’organizzazione interna, a ritenere che la Banca d’Italia sia di fatto ricalcata su una società per azioni contribuisce in modo decisivo la posizione dei suoi “partecipanti“, perché costoro, come gli azionisti di una società per azioni, hanno diritto non solo al rendiconto annuale della gestione sulla base del bilancio (da sottoporsi all’approvazione dell’assemblea), ma anche (e ciò costituisce un elemento di giudizio decisamente risolutivo) alla partecipazione all’utile della gestione e ai frutti derivanti dall’investimento delle riserve.

Queste innegabili analogie di struttura organizzativa della banca centrale e di posizione giuridica dei suoi “partecipanti” consentono senza dubbio di negare, malgrado l’esplicita dichiarazione della norma, la natura di ente pubblico della banca stessa e di riconoscerle quella di società commerciale (per azioni), sia pure sottoposta a principi particolari per determinati aspetti (per esempio, con riferimento alla titolarità delle quote e al loro regime di circolazione).

Una cosa è certa: non può essere attribuita alla formula scelta dal legislatore una rilevanza decisiva, anche perché in altri punti dello stesso decreto del 1936 questa stessa scelta si è rivelata erronea nei confronti di banche di interesse nazionale, che furono qualificate come banche di diritto pubblico, sebbene siano considerate come società private e soggette a principi particolari.

La considerazione che i fini istituzionali dell’ente in esame sono stabiliti per legge e, come tali, obbligatori per gli stessi partecipanti, non può giustificare la tesi che quell’ente sia di diritto pubblico.

Il nostro ordinamento giuridico, infatti, ammette che una società privata possa essere concessionaria di un pubblico servizio o investita di una pubblica funzione ; è proprio in tale quadro che si muove la Banca d’Italia, la quale, oltre all’attività bancaria (pur con delle limitazioni), esercita il servizio di tesoreria per lo Stato in qualità di concessionaria di pubblico servizio e di emissione della carta-moneta, come investita di pubblica funzione.

In conclusione, la banca centrale deve essere riconosciuta come ente privato strutturato come una società per azioni, cui è stata affidata in via esclusiva la funzione statale di emissione di carta moneta e il pubblico servizio di tesoreria per lo Stato (oltre, come si è detto, all’attività propriamente bancaria).

Questi fini di natura pubblica la Banca d’Italia assolve in piena autonomia e indipendenza, ritraendone gli utili e i frutti, che divide tra i “partecipanti” come una società per azioni.


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