Capital gain

Settembre 28, 2005 EcoAnemia


Capital gain

Non che l’ennesimo aumento di imposte renda entusiasta, tuttavia – pur essendo contro i miei interessi – la logica di fondo non è errata.

Dare un trattamento fiscale di favore al capital gain o ai proventi di natura finanziaria rispetto ai redditi da lavoro e di impresa oltre un certo livello è deleterio ed è discutibile sia economicamente che eticamente.

Il fatto è che il gettito sarebbe marginale e difficilmente andrebbe a ridurre altre tipologie di imposte, stante la condizione disastrata delle finanze pubbliche.

Buona parte delle argomentazioni contrarie tuttavia sono un po’ scolastiche e discutibili : in linea di massima tra i paesi OCSE, specie tra le economie di maggiori dimensioni, l’Italia ha un regime fiscale piuttosto vantaggioso sulle rendite finanziare, un’incremento marginale non è scandaloso.

La borsa non è mai stata il polmone finanziario delle imprese e lo è principalmente nei paesi anglosassoni.

Pretendere che gli uomini si adeguino ai comportamenti previsti dalla finanza aziendale e dall’economia politica è ideologico non meno del comunismo (innanzitutto perché l’uomo non è razionale, ma qua il discorso si allunga troppo).

I paesi dell’Est hanno basse aliquote in primis in quanto hanno amministrazioni così sgangherate che difficilmente potrebbero fare altrimenti e nonostante ciò l’evasione tributaria è un fenomeno diffuso.

Le imposte sui redditi finanziari sono progressivamente aumentate negli ultimi anni, passando dalla cedolare secca del 6.125% messa dal governo Craxi al 12.5% su interessi, capital gains e dividendi normati dal D.Lgs del ’97.

Chiedersi chi comprerà i ns titoli di stato o spaventarsi per riallocazioni dei fondi di investimento è irrilevante.

La misura colpisce i redditi percepiti dalle persone fisiche fiscalmente residenti in Italia.

Stando in Italia puoi investire in tutto il mondo, paghi sempre il 12.5%, sia che tu compri i BOT, le azioni della Nokia o sottoscriva una Sicav di diritto Irlandese.

L’incremento di imposta – se rilevante – genera semmai un incentivo per chi possiede ingenti patrimoni a creare schermi giuridici di diritto estero. A tal proposito però si può ricordare che già è così e che spesso l’esportazione di capitali è dovuta più alla natura stessa del procedimento di accumulazione del capitale (si esporta il “nero”) che non ai vantaggi fiscali.


Capital gain
Capital gain

Questo intervento, indubbiamente molto argomentato, pecca però a mio parere di grande presunzione e dimostra di non conoscere assolutamente la realtà del nostro mondo, cioè degli operatori professionali di borsa, in gergo trader professionisti (e, soprattutto, mi ha colpito molto l’utilizzo della parola etica…perchè noi traders professioniste e professionisti siamo dei personaggi immorali ? Mi viene da sorridere quando sento delle frasi del genere).

Capisco che per molti il nostro mondo sia assolutamente fuori dalla veduta della gente comune, e che i termini da noi usati siano per loro solitamente arabo.; cosa è l’MACD, oppure una divergenza fra il Momentum ed i prezzi ?

Per questo motivo vorrei portare alcuni ulteriori spunti di riflessione a supporto delle mie tesi prima riportate.

Un trader gode degli ammortizzatori sociali ?
Della cassa malattia ?

Il guadagno da trading è paragonabile a quello di un lavoratore, magari dipendente ?
Il lavoratore dipendente ad esempio, è esposto al rischio di perdere anche i soldi precedentemente guadagnati,magari nel giro di 2 minuti ? E’ paragonabile il rischio che questo si assume a quello di un investitore nei mercati finanziari ?

Perchè di rischio si tratta, in ogni momento ed in ogni situazione.

Perchè è remunerato il risparmio ?
Perchè, invece di usare una determinata somma subito, si preferisce disporne in un periodo successivo in cambio di un profitto derivante dall’impiego del capitale.
E’ la stessa differenza che intercorre tra un lavoratore ed un datore di lavoro per certi versi.

Il primo preferisce disporre subito del prodotto del suo lavoro, l’altro preferisce posticiparlo.
Ma si tratta comunque sia di un rischio, perchè esiste sempre la possibilità di perdere i propri soldi e di non percepire alcun guadagno.
Il lavoratore invece, i soldi li prende subito.

Inoltre, i soldi che si guadagnano dal trading non comportano spese ? Dedicate del tempo a questa attività ? Calcolate l’ammortamento dei mezzi di produzione ?

Se tu non hai soldi da investire per compensare le perdite, cosa te ne fai delle minus ?

Esempio : tu potevi possedere 1000 azioni del titolo Fiat a 22€., ed hai venduto in perdita a 9€.
E, solo dopo diversi anni,sei arrivato ad aver ammortizzato completamente questa perdita e a guadagnare.
Perchè hai fatto molte operazioni su questo titolo impiegando altro capitale.

Ma se avessi investito in Parmalat…
Cosa sarebbe successo ?

Cosa ci facevi con le minus ?
Cosa se ne fa il medio investitore che magari compra dei titoli azionari e li tiene per anni seguendoli non più di tanto di minusvalenze di questo tipo ?
La gran parte della gente investe così…hanno famiglia un lavoro, non possono nè hanno le motivazioni per diventare investitori professionali.

A volte quando sento questi discorsi mi sembra di vivere in un altro mondo.
Sembra che i mercati finanziari diano sempre e comunque dei lautissimi guadagni e che tutti quelli che vi operano siano dei Warren Buffett e dei George Soros in miniatura.

Mai visto le foto di disperazione di trader professionisti a seguito di perdite rovinose subite (invero assolutamente non accorti nella gestione del rischio, ma vi ricordate il crac dell’ LTCM e di quello che stava per accadere a cascata) ?

Molti grandi protagonisti dei mercati finanziari hanno terminato la loro vita in miseria.
E adesso va poi così meglio ?
Ma uno che ha lavorato in questi anni e ha percepito dei regolari stipendi che ha fatto ha perso o guadagnato ?

Il capitale di rischio (e sottolineo rischio) non può essere considerato alla stregua del reddito da lavoro, che fornisce introiti immediati o percepibili in tempi brevi e con relativa certezza e che non comportano la perdita dell’intero capitale, magari in brevissimo tempo.

Questa è la ragione per cui il risparmio in tutte le sue forme viene remunerato.
Non è una rendita : è semplicemente il costo che il mercato attribuisce al rischio.
Se non fosse così nessuno troverebbe alcuna convenienza in questo tipo di investimento. Mi pare molto chiaro.

Qualsiasi ragionamento sull’equità non può essere fatto a prescindere dai modi concreti in cui si realizzano i profitti, dal rischio che questi comportano.
Quando si comincia a imparare la matematica tramite l’insiemistica insegnano a distinguere i vari insiemi e a non mescolarli (ad esempio i pesci con le pecore).

Allo stesso modo occorre fare con la tassazione.
Avrebbe senso ad esempi sostenere che non è giusto che tutti paghino la stessa percentuale di Iva sui beni acquistati a prescindere dalla consistenza del loro reddito personale ? Ovviamente no.

Oltretutto si tratta di introiti aleatori.
Una guerra, un terremoto un rallentamento dell’economia trasforma rapidamente le cosiddette rendite finanziarie in perdite con gli effetti che possiamo immaginare per le casse statali.

Se l’investimento borsistico (ed il risparmio in generale) non remunera adeguatamente il rischio che questo comporta non viene praticato perchè non vantaggioso.
Se non viene praticato vorrà dire che questi soldi migreranno verso altre attività o altrove.

Sinceramente, io preferisco solitamente parlare di asset allocation, di analisi tecnica applicata ai mercati, di titoli cui andare long o short, e non riguardo questi temi.

Però,dato che sono parte in causa, sento di dover difendere le argomentazioni che credo siano a cuore alla maggior parte dei traders professionisti, quantomeno quelli residenti in territorio italiano.


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