Maggio 22, 2013 MacroEcoAnemia
Cattocomunismo simbolo (e ragione) del declino italiano
I problemi sono sicuramente complessi, ma a mio avviso è troppo semplice pensare che basti fare delle riforme radicali per cambiare la mentalità di un popolo (e non solo il nostro, beninteso) che ormai è la brutta copia di quello che era un tempo.
Purtroppo, le nuove generazioni non solo non sono all’altezza, ma sono anche presuntuose in modo inverosimile, perché si ritengono acculturate nonostante siano in massima parte totalmente incapaci di usare la propria testa in modo autonomo.
È chiaro quindi che il cattocomunismo, miscela di due ideologie altamente negative, abbia avuto da noi vita sempre più facile e che, con gli anni, si sia incancrenito e metastatizzato nel tessuto sociale dell’intero Paese (spesso nella sua accezione più infida, e diffusa globalmente, che è il pensiero progressista radical-chic, buonista con coloro che ritiene inferiori e classista contro chi detesta), invadendone in modo irrimediabile tutti i gangli: industria, pubblica amministrazione, giustizia, sanità, istruzione.
Basta osservare la superficialità di milioni di italiani che non riescono a capire cosa stia realmente accadendo intorno a loro (ma ne percepiscono le conseguenze) e che soprattutto hanno paura di sentirsi dire la verità.
Una situazione in cui si intrecciano la mancanza di comprensione degli argomenti chiave e la disinformazione, un humus creato ad arte per anni dai mass media al servizio del Vero Potere, che ha rincoglionito le persone, ormai incapaci di discernere le notizie giuste da quelle scorrette.
Questo metodo è più efficace con le persone con un grado di istruzione superiore (laureati) che con le persone meno colte (che quindi sono meno inclini all’indottrinamento).
Riguardo a personaggi come Barnard (giornalista divulgatore), Bagnai, Borghi e simili (ci metto in mezzo anche Giannino, che non è certo diverso da costoro ma che ha invece pagato per tutti), li ritengo invece degli accademici riciclatori, cioè personaggi che non fanno altro che riciclare il lavoro fatto da altre persone, che naturalmente non citano mai, tranne che se loro colleghi o adepti.
E che, dall’alto della loro “importanza” e dei loro titoli (talvolta inventati, cosa ridicola a mio avviso perché la competenza in un campo di una persona è assolutamente slegata dal suo percorso di studi), si spacciano come dei guru che possiedono la bacchetta magica per risolvere una situazione che invece, per i motivi sopra elencati, è irrecuperabile o quasi (se non dopo un evento altamente traumatico che di fatto resetta completamente tutto).
È necessario parlarne sempre e comunque, perché in questo modo si alimenta il sistema e, soprattutto, si guadagna molto più facilmente che agendo concretamente.
Perché parlare è facile, ma agire è più difficile: per farlo, bisogna metterci la faccia e soprattutto dimostrare di avere delle capacità, mettendosi veramente in gioco.
Mentre per parlare ed essere pagati è decisamente più semplice: basta esporre un titolo o crearsi una fama ad hoc (basta pensare alla popolarità guadagnata dall’orrendo “tuttologo” Travaglio).
Oggi si parla tanto e a vanvera, e si fa poco o nulla.
Perché, alla fine dei conti ?
Non solo perché alla grande maggioranza della gente va ancora bene così.
Il proliferare di Internet (soprattutto dopo l’avvento dei social network) ha spinto le persone a parlare e a sfogarsi in rete, dando l’illusione di poter esprimere liberamente le proprie idee.
In questo modo, nel tempo, si può autoalimentare un meccanismo che diventerà sempre più forte e che può permettere di speculare ignobilmente sul pessimismo che si diffonderà sempre più tra la gente (basta pensare a che cosa sia realmente il M5S e soprattutto alla funzione di Grillo).
Argomentando in modo pratico e diretto, non occorre essere dei geni per capire che le banche (e non solo da noi) non prestano più a chi reputano a rischio solvibilità (quindi praticamente a chiunque voglia accedere a un prestito, vista la scarsità di capitali freschi a disposizione del privato cittadino o del piccolo imprenditore).
Queste persone, purtroppo, spesso devono ricorrere a finanziamenti usurari e strozzinatori (e oberati sempre di più dall’aumento della pressione fiscale), ma concedono credito esclusivamente a chi può facilmente restituire i fondi loro concessi, cioè chi materialmente li ha già disponibili nel conto corrente e quindi con garanzia di solvibilità al 100%; in pratica, quindi, esclusivamente a soggetti che fanno già parte del mondo economico/finanziario.
In questo modo, però, tutto il denaro stampato dalle banche centrali non finisce in circolo nell’economia reale, ma rimane allocato in posizioni statiche.
Non solo perché in questo modo si accede a tassi di interesse notevolmente agevolati e si hanno maggiori possibilità di ottenere degli utili, ma soprattutto perché il rapporto rischio/rendimento (ovvero il rapporto tra il rendimento atteso e il rischio di subire una perdita) è più basso.
In pratica, al momento attuale, per una banca è molto meno rischioso (e anche più remunerativo) investire in attività finanziarie piuttosto che concedere finanziamenti a imprese (tranne nel caso di grosse aziende o multinazionali), dove il rischio di fallimento (e quindi di subire una minusvalenza) è molto più alto.
Purtroppo, da un punto di vista prettamente numerico, il ragionamento non fa una grinza.
Certo, si tratta di un fenomeno che non può creare né ricchezza né una ripresa dell’economia reale ; infatti, per definirlo ho creato il termine EcoAnemia, che è un fenomeno destinato ad andare avanti molto a lungo, se non addirittura all’infinito, perché assimilabile a un ramo di iperbole equilatera dell’impoverimento collettivo.
Si tratta di un altro termine da me coniato (e di cui ho il copyright registrato) all’epoca dell’insediamento dell’orrendo Monti.
Ma, contrariamente a quanto fatto fino al 2008, le banche non possono più cartolarizzare e smistare offshore o direttamente sul mercato i crediti sospetti e pericolosi, quindi semplicemente non prestano e si tengono i fondi che ricevono, allocandoli staticamente senza rimetterli in circolo nell’economia reale.
Il risultato finale è purtroppo (ed ancora una volta ovviamente) semplice : chiunque abbia acceso un mutuo prima del 2008, oppure che si sia esposto troppo nella propria attività imprenditoriale indebitandosi a destra e a manca, non ha alcuna possibilità di uscire dal meccanismo ed è destinato a schiantarsi inesorabilmente (cosa, tra l’altro, voluta e cercata, visto lo scopo finale).
Inoltre, in un panorama come l’Italia, dove fino al 2008 la maggior parte delle piccole e medie imprese ha sempre lavorato di fatto a credito con pagamenti minimi di 60-90 giorni (e per le grosse aziende di almeno 120 giorni), questo significa la chiusura di almeno il 90% delle PMI presenti prima del 2008 (tenuto conto anche e soprattutto della pressione fiscale da regime comunista che di fatto soffoca qualsiasi possibilità di salvezza in partenza) e quindi la distruzione del tessuto economico nazionale.
Game over.
Purtroppo, il meccanismo del credito bancario non funziona come viene raccontato sul web o sui giornali, dove tutto sembra così semplice.
Per cui, si arriva sempre alla solita conclusione.
Se non è lo Stato a stampare moneta (operazione non più possibile, o meglio non voluta, perché questa crisi è indotta e voluta per rendere tutti servi della gleba a discapito dei grandi vassalli, valvassori e valvassini, e lo spartito suonato è semplicemente questo), la spirale deflattiva degenererà ben presto in spirale stagflattiva, autoalimentandosi nel tempo esattamente come nel fenomeno dei buchi neri nella relatività generale, cioè una regione di spazio da cui nulla, nemmeno la luce, può sfuggire.
Purtroppo oggi tutti parlano di economia come del campionato di calcio, la disinformazione aumenta sempre di più e la gente è sempre più confusa.
Questo è naturalmente voluto dai grandi manovratori che conoscono bene le tecniche di manipolazione della realtà usate continuamente e incessantemente da tutti i mass media, con la complicità di una classe politico-dirigenziale mondiale cui, per manifesta incapacità, dovrebbe essere vietato per legge di interferire su questioni economico-finanziarie.
Ben presto anche da noi ci sarà una società simile a quella sudamericana.
Una piccolissima elite, una piccola classe benestante, una grande massa di poveri cristi, situazione che peraltro tende ad accentuarsi con flussi di immigrazione selvaggia che servono solo ad aumentare le lotte di classe e a deprimere i salari del ceto medio/basso.
Per anni ho incessantemente insistito su tutti questi temi, diventati poi di pubblico dominio, e l’ho fatto in modo netto e in anticipo rispetto ai Barnard che ora tanto si vantano di avere il copyright, ma che non sanno argomentare dal punto di vista pratico e soprattutto semplice i propri pensieri.
Per quanto riguarda invece il fatto che non sono mai stata citata, affermo con certezza che ciò avviene solo perché sono scevra da qualunque interesse di parte e non sono legata a nessun tipo di clientelismo o di favoritismo.
Il motivo per cui in qualsiasi ambiente sono stata realmente osteggiata è questo, in realtà, e nessun altro ; non si tratta di razzismo né di alcun’altra motivazione.
Da noi si fa gara a chi si propone come il duro e puro, migliore degli altri ; tutti vogliono sempre apparire immacolati, casti e puri, senza macchia alcuna, colmi del loro candore e della loro innocenza.
Vizi privati e pubbliche virtù, come al solito.
Questo accade perché normalmente la gente ha fame di potere e di denaro e più si fa carriera, più si deve scendere a compromessi con qualcuno.
Io non l’ho mai fatto, sia perché non mi è mai interessato proseguire in questo modo, sia soprattutto perché ho sempre rifiutato questo modo di pensare.
Non mento mai a me stessa (cosa che invece oggi nessuno o quasi sa più fare), di conseguenza non mento mai nemmeno agli altri.
Qualunque cosa abbia fatto nella vita, ci ho sempre messo la faccia, senza ricorrere a falsità, mezzucci e sotterfugi di ogni genere, giocando sempre a carte scoperte e soprattutto correttamente ed onestamente.
In poche parole, sono una persona limpida e mi prendo sempre la responsabilità delle mie azioni.
Ecco perché posso andare in ogni luogo realmente a testa alta, indipendentemente da ciò che chiunque possa pensare di me (e sfido chiunque mi legga a scrivere il contrario, anche in forma anonima come va tanto di moda oggi).
Ma proprio per questo motivo, in tutti gli ambienti popolati in massima parte da ipocriti e falsi, non potrò mai essere apprezzata realmente, semplicemente perché penseranno erroneamente che anch’io stia mentendo.
Ecco perché in Italia, paese permeato dal cattocomunismo, cioè l’apoteosi dell’ipocrisia, del falso e del politically correct, non c’è alcuna speranza di risollevare la situazione.
Prenderne atto ed investire prima di tutto sulla propria crescita interiore, imparando a vivere in modo più sereno e tranquillo senza lasciarsi condizionare da sentimenti di rabbia che, oltretutto, portano a prendere decisioni poco lucide e inevitabilmente peggiorano la qualità della propria vita.
Questo è stato, almeno per me, il passo successivo.