Derivati tossici meneghini

Aprile 17, 2008 MacroEcoAnemia


Derivati tossici meneghini

“Non si è posta in essere alcuna operazione speculativa, ma solo un’operazione che, beneficiando dei tassi d’interesse particolarmente bassi in quel periodo, ha ridotto le passività“.

Il Comune di Milano non ci sta : dopo settimane di bufera per un’emissione obbligazionaria del 2005 (con derivati annessi), ora scrive nero su bianco la sua verità.

Allega tutta la documentazione dell’epoca, la stessa che ha già inviato alla Corte dei Conti.
E pone alcuni punti fermi: con l’emissione obbligazionaria, il Comune “dal 2005 ad oggi ha ottenuto benefici (…) per un totale di 198 milioni”.

Due: il compenso spettante alle banche che hanno curato l’operazione è stato di 168.000 euro.


Derivati tossici meneghini


Torniamo al 2005.
Il Comune di Milano decide di rifinanziare alcuni vecchi mutui lanciando un’emissione obbligazionaria sui mercati finanziari.
Secondo quanto riportato nel documento, i mutui oggetto di estinzione anticipata erano per il 70% a tasso variabile (con un interesse medio pari a Euribor +0,19) e per il 30% a tasso fisso (con un tasso medio del 5,16%).

Per effettuare questa operazione, la Giunta seleziona quattro arranger : Depfa, Deutsche Bank, JP Morgan e Ubs. A questi istituti è stato corrisposto un compenso pari allo 0,01%: 168.000 euro.

In definitiva, il Comune evita il pagamento di ingenti commissioni o acconti.
Una volta selezionate le banche, Palazzo Marino ha lanciato un prestito obbligazionario a tasso fisso per un importo di 1,85 miliardi di euro.

Ha però anche deciso di costituire uno “swap di ammortamento” (per trasformare la scadenza in un’unica soluzione in un piano di ammortamento) e “un’operazione di strumenti derivati di gestione del tasso d’interesse” (per trasformare il tasso fisso in uno variabile).

In un contesto di aumento del costo del denaro, infatti, gli oneri sono aumentati.
Il Comune, nel documento, spiega che “all’epoca la scelta di trasformare il fisso in un variabile era giustificata anche dall’elevata differenza tra il tasso variabile e il tasso fisso e dai conseguenti risparmi sul costo del servizio del debito“.

Il Comune ricorda poi che, rispetto alle previsioni del 2005, il costo del denaro ha “subito un aumento superiore alle aspettative“.

Nonostante ciò, “ad oggi il Comune, in termini di interessi, ha un risultato positivo di 3,6 milioni“.

L’altro tema spinoso è poi il cosiddetto mark to market (ovvero il valore attuale di mercato) del derivato : in molti criticano la Giunta, sostenendo che il Comune sia in perdita.

Il documento risponde anche a questa obiezione: se da un lato il derivato è in perdita teorica a causa del rialzo dei tassi, dall’altro il bond oggi vale il 15% in meno rispetto a quando fu emesso.

Tali valori – conclude il documento – diventerebbero rilevanti per il Comune solo nell’eventualità in cui decidesse di chiudere anticipatamente l’operazione.
In tal caso, da un lato, si dovrebbe pagare un importo ai sensi dello swap e, dall’altro, si potrebbe riacquistare il titolo emesso a un prezzo sotto la pari, pagando un importo inferiore pari a circa 250 milioni di euro“.

In sintesi, “il Comune non ha subito alcuna perdita”.

Questa versione dei fatti del Comune è riportata in un documento distribuito venerdì dall’Amministrazione al presidente del Consiglio comunale, al presidente della Commissione bilancio e al segretario generale.

Ora non resta che attendere il parere della Corte dei Conti. […]

Si tratta di una storia dai molteplici risvolti oscur i: proprio ieri, infatti, la Corte dei Conti della Lombardia ha emesso un giudizio negativo (giustamente e sonoramente !) proprio nei confronti del Comune di Milano per lo stesso motivo.
Analizziamo con calma la situazione.

Nel giugno 2005 il Comune di Milano ha sottoscritto derivati “tossici” che potrebbero registrare perdite per centinaia di milioni di euro e ripercuotersi negativamente sull’amministrazione della città e, di conseguenza, sui cittadini.

Se oggi venissero chiuse le operazioni in essere, il Comune subirebbe una minusvalenza complessiva superiore ai 263,8 milioni di euro.

L’operazione è nata nel 2005 con un vizio importante: le banche, nei loro memorandum, dichiararono una convenienza economica non vera (dichiarazione che però, per legge, deve sempre essere fatta), omettendo l’esistenza di un derivato già in essere con Unicredit, in cui l’Amministrazione perdeva invece 100 milioni di euro.


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Per di più, non solo l’operazione in essere venne taciuta, ma dopo pochi giorni parte di quelle perdite vennero trasferite alle banche in cambio del peggioramento dei parametri dello swap effettuato a fine giugno con il Comune insieme ai bond.

Tacere le perdite fu un’omissione gravissima.

Ma non è successo solo questo…

Il Comune, oltre a fornire dati non corretti sulla convenienza economica, tenne aperte posizioni in derivati senza un mutuo a copertura, come previsto dalla legge.

Pochi giorni dopo, le perdite finanziarie vennero trasferite alle quattro banche, che poi le scaricarono sul derivato utilizzato come “discarica” (una pratica illecita che ha avuto un precedente illustre nella storia italiana: la celebre finanziaria Bonlat alle isole Cayman della Parmalat Finanziaria…).


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Inoltre, il debito è stato rinegoziato più volte : l’ultima volta nel luglio e nell’ottobre dello scorso anno.

Nonostante l’allarme derivati fosse stato già abbondantemente lanciato, è stata sottoscritta un’ulteriore operazione di swap per quasi 57 milioni di euro, che hanno incrementato costi crescenti e difficili da quantificare, vista la complessità e la sofisticazione dei contratti e l’opacità dell’Amministrazione nel divulgare i dettagli delle operazioni.

O mia bela Madunina…


Madunina


Se il Comune di Milano continua di questo passo, fra qualche tempo sarà costretto a dare il Duomo in pegno alle banche…


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