La mia anima l’ho asservita al corpo io ; a che rimpianto vano, sterile lamentio ?
Quello che è stato è stato, in avanti indirizza il cammino, ti sei deviato un po’ e sai che oggi è giusto se ieri fu tutto sbagliato.
La barca leggera galleggia e fluttua, la veste gentile ondeggia e sbatte.
Chiedo a un passante indicazioni, la scarsa luce di questo mattino mi brucia.
Lassù, senza scopo né meta, oziando vanno le nuvole ; stanchi di errare, gli uccelli penseranno alla fine di tornare al nido.
Finalmente diretto a casa !
E d’ora in poi a vivere solo, lasciate che io provi a imparare.
Non siamo fatti l’uno per l’altro né per questo mondo: perché dovrei vagare in cerca di qualcosa che ancora non ho trovato ?
Con gente della mia risma sono pago di conversare, ci saranno musica e libri che faranno volare le ore.
A volte ci piace esplorare l’ignoto di stagni tranquilli, a volte ci inerpichiamo su erti bastioni scabrosi, dove crescono alberi felici fino al midollo, verdi meravigliosi e acqua di fonte zampilla, con suono di gorgoglio.
Ammiro e sento che anch’io, come le cose, compirà la mia vita il suo giro, crescendo e prosperando con le stagioni.
Poteri e beni non sono ambizioni per me, la stanza degli dei è fuori dal mio cammino, vorrei uscirne in un luminoso mattino.
O presso un ruscello terso a comporre poesie, o forse verso un laghetto a vagabondare e sulla cima di un colle a lungo mi voglio attardare.
Senza domande del cuore, accettando il volere del cielo, sarei lieto di vivere e di passare.
