Luglio 30, 2008 EcoAnemia
Fondi di investimento ? No, grazie
Da inizio 2008 sono usciti dai fondi d’investimento italiani “solo” 70 miliardi di €€.
Tale dato proviene dalla Assogestioni, soggetto di parte, che trascura i flussi dovuti alla distribuzione di proventi.
In ogni caso possiamo considerarlo comunque indicativo dell’ordine di grandezza di un fenomeno che è sconcertante appunto per le sue limitate dimensioni.
Sulla base dei danni che il risparmio gestito ha provocato e provoca ai risparmiatori italiani, c’era da aspettarsi ben altro, cioè un’uscita in massa dei circa 1.000 Miliardi di €€ che continua ad avere sotto le sue grinfie.
Solo qualche decina di Mld di €€ sono gestiti magari bene.
Rendimenti vicini allo zero.
Dati rigorosamente pubblici, che vengono però tenuti accuratamente nascosti da docenti universitari e giornalisti, la cui prima preoccupazione sono i profitti dell’industria del risparmio gestito italiano.
Il periodo esaminato è molto significativo : a metà giugno 1998 parte la tassazione dei capital gain, sei mesi dopo arriva l’€ sui mercati finanziari, contemporaneamente vengono riorganizzate le categorie dei fondi.
Sono dieci anni che i clienti dei fondi guadagnano in media lo 0,5% l’anno : nulla.
Come aver tenuto i soldi sotto il mattone.
Bastava lasciarli su un libretto postale, un conto di deposito per ottenere di più.
Se consideriamo l’equivalente di 100 €, investiti a metà 1998 nei fondi comuni italiani, in media a metà 2008 erano diventati la bellezza di 105,1 €.
Lo dicono gli indici generali dei fondi elaborati dalla Fideuram.
Una fonte anche questa di parte.
Ma possiamo escludere che i dati siano stati taroccati per farli apparire peggiori che nella realtà; semmai sono stati abbelliti.
Singoli fondi si sono discostati da tale performance, ma la maggior parte essi ha registrato perdite più o meno pesanti.
O nei casi migliori, guadagni nominali irrisori.
Il dato medio è poi significativo per le gestioni patrimoniali in fondi (Gpf) che di regola vengono confezionate mescolando decine di fondi dalle politiche di gestione alquanto diversificate.
In termini reali è ancora peggio : la stragrande maggior parte dei clienti dei fondi ci ha rimesso, e di brutto.
Ragionando in potere d’acquisto (quindi tenendo conto dell’inflazione degli ultimi 10 anni) all’inizio avevano 100 € e si sono ritrovati a fine giugno scorso con 84 €.
Ciò significa un –16%.
Distruzione di ricchezza.
Da non crederci, dato che tale perdita non è dipesa dall’andamento dei mercati finanziari.
Solamente colpa dei gestori, banche, assicuratori e promotori finanziari che hanno dato in pasto al risparmio gestito così tanti soldi, raccolti fra i propri clienti.
Si stima infatti che abbiano messo le mani sul 40% della ricchezza finanziaria degli italiani.
Se però il cliente dei fondi comuni in media non ha guadagnato quasi nulla neppure in termini monetari, tutt’altri risultati ha ottenuto colui che non ha dato in gestione a terzi il proprio patrimonio.
Anche con competenze modestissime e impegno minimo, nello stesso periodo hanno di regola incrementato il proprio gruzzoletto o magari il proprio ingente patrimonio.
Tutti gli investimenti mobiliari hanno reso di più : i Bot, i Cct, i Btp, in media le stesse azioni italiane e persino i buoni fruttiferi postali (che hanno ottenuto negli ultimi 10 anni un lusinghiero +48% in termini mometari).
Perché, malgrado l’evidenza dei fatti e contro la propria convenienza, così pochi riescono a liberarsi dai lacci che li tengono imbrigliati nel risparmio gestito ?
In parte sono frenati da trappole contrattuali, quali le commissioni di uscita dai fondi, o dalla convinzione infondata che sia sbagliato smobilizzare un investimento in perdita.
Impiegati di banca e promotori sono poi esperti nel manipolare la realtà quando il cliente manifesta la propria insoddisfazione.
Esiste tutta una serie di tecniche per fargli credere che le perdite sono imputabili a sue scelte sbagliate, quando invece sono regolarmente dovute a inettitudine o malversazioni di gestori e intermediari vari, nonché ai consigli dannosi fornitigli.
L’industria del risparmio gestito ha addirittura forzato una disciplina :la finanza comportamentale, al fine di rigirare meglio le carte in tavola e ribaltare sui risparmiatori le responsabilità del suo fallimento.
Ma molti incominciano a capire che l’errore sta alla base.
E la soluzione migliore è riprendere in mano il controllo del proprio patrimonio.