Il declino dell’intelligenza

Febbraio 11, 2012 La Medicina dell’Anima


Il declino dell’intelligenza

Siamo in un periodo di declino dell’intelligenza.
Quella individuale e quella collettiva.

Quella inconscia che guida l’istinto di sopravvivenza e quella conscia che guida la facoltà di capire, apprendere, giudicare e, quindi, distinguere il bene dal male.

Eh, sì.
Paradossalmente, siamo meno intelligenti di quanto lo fossimo quando non sapevamo volare, andare su Marte o cercare l’acqua.
O riattaccarci un braccio, sostituire il cuore, clonare una pecora o noi stessi.

Siamo meno lucidi, meno svegli di quando non avevamo le cose di cui abbiamo bisogno o che ci permetterebbero di coltivare l’intelligenza.
Cioè la scuola accessibile a tutti, anzi obbligatoria, l’abbondanza e l’immediatezza delle informazioni, internet, la tecnologia che rende la vita più facile.

E il benessere che toglie l’assillo della fame, del freddo, del domani, che placa l’invidia.
Quando questo benessere non esisteva, bisognava risolvere tutto da soli.
Dovremmo sforzarci di ragionare e pensare con la nostra testa.

Oggi no, perché anche nelle piccole cose quotidiane la società fornisce soluzioni già pronte.
Decisioni già prese, pensieri già elaborati e confezionati, pronti all’uso, come il cibo già cotto.


Il declino dell'intelligenza


“We are thinking for you. So you don’t have to” (Stiamo pensando per te. Così tu non devi farlo), dice l’agghiacciante scritta che ogni tanto lampeggia in un angolo dello schermo quando, alla TV, scelgo il canale «Science and Science-fiction».

Più o meno ciò che fanno i dannati computer (io li detesto) quando correggono gli errori e addirittura forniscono suggerimenti, esentandoti così dal dovere di conoscere la “consecutio temporum” e l’ortografia, nonché dal portare responsabilità e a sviluppare un senso critico.

Ergo, la gente non pensa più.
O pensa, ma senza usare la propria testa».

(Oriana Fallaci, 2004, La Forza della Ragione)


BannerVeronica 1