Ottobre 7, 2024 EcoAnemia
Dopo la stretta sulle abitazioni, arriverà quella sui patrimoni.
L’Italia potrebbe essere il detonatore della prossima crisi del debito sovrano ?
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La stretta sulle abitazioni del 2024 sta spingendo molti professionisti a riconsiderare il loro percorso di vita, le loro scelte e i luoghi in cui risiedono.
Se il trend attuale dovesse proseguire, l’Italia si trasformerà in un paese in cui solo pochissime famiglie saranno proprietarie della propria abitazione, direzione che a quanto pare è supportata a livello europeo.
In Italia, da sempre, si raccomanda di “investire i propri risparmi nell’acquisto di una casa”.
Il possesso di immobili è sinonimo di sicurezza e stabilità, un concetto ormai radicato a partire dal boom economico degli anni ’50.
Attualmente, i numeri indicano che nel panorama italiano ci sono circa 78 milioni di unità immobiliari, di cui una parte non trascurabile ha prodotto redditi catastali consistenti nel 2022.
Il 2024 si preannuncia come un anno caratterizzato da significativi oneri fiscali a carico dei proprietari di immobili, a causa della nuova Legge di Bilancio e dell’inasprimento delle tasse sulla casa, mirato a contenere il deficit senza aumentare il disavanzo, compensandolo attraverso l’incremento delle imposte sugli immobili.
Le misure fiscali sono destinate a proteggere i posti di lavoro e le famiglie, ma paradossalmente, le nuove imposte sugli immobili finiranno per gravare proprio su queste ultime.
Tra le novità previste in materia di stangata sulla casa, vi è l’aumento dell’Iva per le case ecologiche e le variazioni alla cedolare secca e al superbonus.
La riforma del catasto, che dovrebbe entrare in vigore nel 2024, mira a rispecchiare con maggiore precisione il valore reale degli immobili, con effetti immediati sulla tassazione.
Tra gli aumenti delle imposte, si segnalano maggiori ritenute sui bonifici per le ristrutturazioni e un aumento delle imposte sulle plusvalenze derivanti dalla vendita di immobili ristrutturati.
Anche la cedolare secca sulle locazioni brevi subirà un aumento.
Le mani lunghe dei fondi di investimento esteri
Le politiche verdi, la stretta sul mercato immobiliare e l’interesse dei fondi di investimento esteri verso il mercato italiano stanno cambiando l’immagine storica del proprietario di casa italiano, un tempo considerato il titolare di grandi disponibilità di capitale.
Oggi, sembra piuttosto che lo Stato consideri gli immobili più come una risorsa fiscale che come un bene di sicurezza per i suoi cittadini.
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La trasformazione del mercato immobiliare italiano è accentuata dal crescente interesse dei fondi di investimento stranieri, che mirano a trasformare gli italiani da proprietari a inquilini, probabilmente a condizioni meno vantaggiose.
Questo problema culturale ed economico evidenzia come il possesso di una casa, da sempre simbolo di indipendenza e sicurezza finanziaria, sia radicato nello stile di vita degli italiani.
Parallelamente, le politiche fiscali, con la stretta sugli alloggi, stanno aumentando il peso di chi detiene immobili, sia per uso personale che come forma di investimento.
Queste politiche includono il possibile aumento dell’imposta sugli immobili situati all’estero (IVIE), che potrebbe subire un aumento significativo, colpendo ulteriormente i proprietari di case che hanno investito oltre confine.
Questa serie di cambiamenti e la stangata sugli alloggi non riguarderanno solo i proprietari di case, ma anche l’intero settore immobiliare.
I professionisti del settore potrebbero essere obbligati a modificare i loro modelli di business, dovendo adattarsi a un contesto in cui le regole del gioco sono sempre più dettate da decisioni politiche e pressioni economiche globali.
Tasse e imposte causano una riduzione dei valori immobiliari
Il futuro del mercato immobiliare italiano, dopo la stretta fiscale, appare quindi sempre più incerto, con numerose problematiche che richiederanno agli italiani di adattarsi a nuove realtà.
Non solo le famiglie, ma anche gli investitori e i professionisti del settore dovranno fare i conti con l’aumento della pressione fiscale e le possibili conseguenze di una riforma del catasto che potrebbe alterare profondamente le valutazioni degli immobili.
Nei prossimi anni, sarà cruciale trovare un equilibrio tra la tutela delle tradizioni immobiliari e le esigenze fiscali ed economiche del Paese.
Nel frattempo, dopo la stretta sulle abitazioni, arriverà quella sui patrimoni.
Con possibili pesanti ripercussioni anche a livello mondiale, come già sottolineato alcuni anni fa.
Agosto 16, 2020
Italia detonatore della prossima crisi del debito sovrano ?
È molto probabile che sarà l’Italia a dare il via alla crisi del debito sovrano.
Il tentativo disperato di rimanere nell’UE sarà (purtroppo) la rovina per gli anni a venire.
Il pericolo arriva naturalmente da Bruxelles, come al solito.
La miccia che fungerà da detonatore sarà, molto probabilmente, la richiesta dell’UE di aumentare (anzi, triplicare!) la tassa di successione.
È risaputo che l’Italia abbia una tassa di successione molto bassa.
Ad esempio, in Germania le aliquote variano dal 17% al 50%, a seconda del grado di parentela con il defunto.
La media europea è intorno al 15% per i parenti più stretti.
In Italia, invece, questa tassazione è ancora molto favorevole (l’unica in un panorama da Unione Sovietica) : il 4%.
Nel dettaglio, la legislazione italiana prevede le seguenti aliquote :
4% per il coniuge superstite e per i figli, con un’esenzione di 1.000.000 € per ogni beneficiario;
6% per i fratelli e le sorelle del defunto, con un’esenzione di 100.000 € per ogni beneficiario.
6% per i parenti di quarto grado con il defunto e per altri parenti dal lato del coniuge fino al terzo grado. In questo caso non è prevista alcuna esenzione.
8% per i trasferimenti a persone al di fuori della famiglia. Anche in questo caso non è prevista nessuna esenzione.
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L’imposta di successione si applica a tutti i beni mondiali del defunto, a condizione che sia residente in Italia.
Se la persona deceduta risiede all’estero, l’imposta si applicherà esclusivamente ai beni situati in Italia.
Ma qual è il punto della questione ?
L’italiano medio, storicamente, investe i propri risparmi nel mattone proprio perché l’imposta di successione è da sempre estremamente bassa.
Per questo motivo molta gente possiede quasi esclusivamente immobili.
La maggior parte di essi, in questo momento, è praticamente invendibile.
Di conseguenza, molta gente che ha perso il lavoro ha in questo momento come unico reddito quello derivante dalla locazione di qualche immobile di proprietà.
E neanche questo reddito è sicuro, perché le insolvenze da parte di inquilini morosi sono in aumento esponenziale.
I redditi da locazione sono già sottoposti a una tassa sul reddito esosa (che varia dal 23% al 43%, quindi certamente non agevolata, con una no-tax area – la cosiddetta franchigia – ridicola di 3000 €), senza contare le periodiche (ma spesso necessarie) spese di manutenzione (non sempre deducibili e sicuramente non economiche).
Inoltre, gli importi catastali non vengono revisionati da anni: nella maggior parte dei casi sono fermi addirittura sin dagli anni Ottanta.
Ecco perché le amministrazioni locali continuano ad aumentare le tasse come IMU e TASI ogni anno.
Per questo motivo, se l’imposta di successione venisse triplicata, come da anni suggerisce Bruxelles, in Italia si avrebbe immediatamente il più grande crollo immobiliare della storia moderna.
Un aumento di tale entità della tassa di successione equivale a una tassa del 50% sui risparmi depositati in banca.
Inoltre, un crollo repentino del valore degli immobili distruggerebbe definitivamente il patrimonio delle banche.
Fino ad ora le banche sono riuscite a evitare il fallimento solo perché, dal 2008, stanno mettendo a bilancio un valore (gonfiato) dei loro immobili di proprietà.
Se il valore complessivo degli immobili crollasse improvvisamente, i principali istituti di credito italiani farebbero default immediatamente.
Ciò renderebbe necessaria la loro nazionalizzazione immediata.
Naturalmente il governo italiano, che ha fallito, conosce bene tutta la situazione.
Ecco perché, di concerto con l’UE, vogliono assolutamente evitare il bank run da parte dei correntisti.
Oltre a necessitare di una “immediata” digitalizzazione dell’euro.
Tutto è stato organizzato nei minimi dettagli, il che fa pensare che non sia frutto del caso.
E la grande massa ancora non ha compreso cosa sta succedendo proprio sotto i loro occhi.
Per la BCE, questo finale è davvero difficile da salvare, se non ormai completamente perso.
Questo piano, che a mio avviso entrerà in azione molto presto, fallirà molto probabilmente.La gente comune non accetterà mai questo diktat dittatoriale.
A cui seguiranno violenti disordini, rivolte e, nel caso in cui la situazione dovesse sfuggire definitivamente di mano, una vera e propria guerra.