Aprile 13, 2005 MacroEcoAnemia
Italia, produzione industria febbraio +0,1%
Il settore industriale italiano ha registrato a febbraio un’espansione limitata allo 0,1% su base mensile destagionalizzata, che si traduce in una contrazione della media annua aggiustata ai giorni lavorativi pari al 2,5%.
Il dato risulta inferiore alla mediana delle proiezioni raccolte da Reuters la scorsa settimana, che indicava per il periodo in osservazione un rialzo di 0,3/0,4% dell’indice mensile destagionalizzato e un calo di 1,6% della media giornaliera su base tendenziale.
L’Istat ha inoltre rivisto al ribasso il dato di gennaio, portando la variazione congiunturale da +0,1% a nulla e quella tendenziale da -1,5% a -2,0%.
Infine, l’istituto di statistica ha rivisto al ribasso la media annua della produzione industriale dell’intero 2004, portandola a -0,7% da -0,4%.
Sempre riguardo al mese scorso, il Pmi manifatturiero indica una contrazione a 49,1 da 50,6 di febbraio, mentre il leading indicator di Ref, che anticipa il ciclo della produzione industriale italiana, segnala un ulteriore forte rallentamento per il secondo trimestre.
Ciò getta un’ombra scura anche sul Pil del primo trimestre e, in prospettiva, su quello dell’intero 2005.
A partire dalla metà dello scorso anno, il trend della produzione in Italia ha continuato a peggiorare e nel quarto trimestre ha registrato un calo dell’1,4%, il maggiore dal quarto trimestre 2001. In particolare, a dicembre, con un calo dello 0,4%, l’indice della produzione ha toccato il minimo da giugno 1999.
La lettura del breakdown dell’indice mostra elementi ancora più allarmanti.
Da notare come siano in deciso calo i settori tipici della produzione italiana, dall’alimentare al tessile, fino alle auto, mentre il rialzo dei settori pelli-calzature e mobili è visto solo come un rimbalzo dai cali dei mesi scorsi.
Dal punto di vista ciclico, la produzione in Europa e in Italia ha perso di nuovo slancio, soprattutto a causa del rialzo del prezzo del petrolio e in parte per l’apprezzamento dell’euro.
A ciò, per l’Italia, si aggiungono problemi strutturali, tra cui il confronto perdente per alcuni settori core con la Cina.
A livello europeo, si sta discutendo circa l’applicazione di misure volte a frenare le importazioni tessili dalla Cina, dopo l’eliminazione delle limitazioni a inizio anno.
A ciò si somma il fatto che la produzione italiana si basa molto sui beni di consumo che, al momento, non stanno “tirando“, osserva Valli.
Mentre tutti gli economisti ricordano come altro fattore strutturale negativo dell’Italia sia l’elevato Costo del Lavoro per Unità di Prodotto (CLUP), penalizzato da bassa produttività e alto costo del lavoro, “al contrario di quanto accaduto in Germania“, sottolinea Valli.
Francia e Germania hanno peraltro mostrato segni negativi a febbraio: il dato francese ha indicato una contrazione della produzione industriale dello 0,5%, mentre in Germania il calo congiunturale è stato di ben il 2,2%.