Marzo 12, 2022 Il Great Reset del WEF
Se vogliamo vivere (non “vivere meglio”, ma proprio “vivere”) dobbiamo toglierci di dosso il peso del mondo.
La nostra vita deve rimanere in mano a noi.
La fonte meravigliosa
“Portare sulle spalle il peso del mondo” è un’espressione che indica tutte quelle persone che si sacrificano (o dicono di sacrificarsi) continuamente per un ideale “superiore”.
Arrivando a rinunciare a tutto, dignità compresa, in nome di qualche principio altissimo.
Ma se vogliamo vivere (non “vivere meglio”, ma proprio “vivere”) dobbiamo toglierci di dosso il peso del mondo.
La nostra vita deve rimanere in mano a noi.
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Migliaia1 di anni fa un uomo riuscì a scoprire il segreto del fuoco.
Forse lo bruciarono con quel legno che egli aveva insegnato ad accendere.
Ma lasciò all’umanità un dono insperato e con questo liberò dal buio la terra.
Durante i secoli, altri uomini mossero i propri passi su vie nuove.
Animati soltanto dalla loro intuizione.
I grandi creatori, i pensatori, gli artisti, gli scienziati, gli inventori rimasero soli contro gli uomini del loro tempo.
Ogni nuova idea era ostacolata, ogni invenzione bandita.
Ma ciascuno di loro andò avanti, lottò, soffrì e pagò, ma vinse.
Non era mosso dal desiderio di piacere alla folla.
La folla odiava il dono che le era offerto, ma lui cercava la verità.
Suo scopo era solo la sua opera.
Non chi ne usava.
La sua creazione, non i benefici che gli altri ne traevano.
La creazione che dava forma alla sua verità.
Però la sua verità la metteva sopra e contro tutti gli altri.
Andò avanti, sia che gli altri volessero seguirlo o no, solo con la sua integrità per sola bandiera.
Non servì niente e nessuno.
Visse solo per sé.
E solo vivendo per sé può realizzare le opere che formano la gloria dell’umanità.
È così che è avvenuta ogni conquista.
L’uomo è nato inerme, ha un’unica arma, la sua mente.
Senza di essa non potrebbe sopravvivere.
La mente è un attributo dell’individuo.
Non c’è e non si può concepire una specie di cervello collettivo.
L’uomo che pensa deve agire da sé.
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Come può lavorare se è sottoposto a costrizioni di ogni genere ?
È impossibile subordinarlo a bisogni, opinioni o desideri di altri.
Nessuno ha il diritto di sacrificarlo.
Chi crea si basa sul proprio giudizio.
Il parassita segue l’opinione degli altri.
Chi crea pensa, il parassita copia.
Colui che crea produce, il parassita ruba.
Chi crea tende alla conquista della natura.
Il parassita alla conquista degli uomini.
A chi crea, va data indipendenza.
Egli non comanda e non serve nessuno.
Tra lui e gli altri c’è un libero scambio, una libera scelta.
Il parassita cerca il potere e tenta di livellare gli uomini in una condizione comune, in una comune schiavitù.
E pretende che l’uomo debba essere uno strumento ad uso degli altri, debba pensare come pensano gli altri, agire come gli altri.
Che debba annullarsi in una servitù senza gioia.
Guardate la storia.
Ogni conquista, ogni bene che possediamo deriva dall’opera indipendente di una mente indipendente.
Ogni barbaria o decadenza nasce dal tentativo di fare degli uomini automi senz’anima, senza cervello, senza diritti personali, volontà, speranza, dignità.
Oggi ha un altro nome.
L’individuale contro il collettivo.
Il nostro paese, che è fra i più nobili della storia degli uomini, si fondò sul principio dell’individualismo.
Ossia dei diritti inalienabili dell’uomo.
Era un paese dove ogni uomo era libero di cercare la sua felicità.
Di guadagnare e di produrre non angustiato dalla rinuncia.
Di prosperare, non di languire.
Libero di possedere un bene inestimabile.
Il senso del suo valore personale e la più alta delle virtù, il suo amor proprio.
Questo è ciò che i collettivisti vi chiedono di distruggere.
Come già altrove è stato distrutto.
Note
1 Dialogo tratto da The Fountainhead, romanzo del 1943 della scrittrice russo-americana Ayn Rand