La voce della radice dell’anima

Febbraio 10, 2023 La Medicina dell’Anima

La conoscenza formale delle cose è insufficiente a penetrarne la reale essenza.

Veronica Baker


La voce della radice dell’anima

Fonte : La Compagnia degli Erranti

La voce della radice dell'anima
Lo gnosticismo rappresenta il matrimonio mistico tra il mito e la religione…

Secondo Gershom Scholem, gli inizi della Cabala affondano le loro radici nelle tradizioni gnostiche e perciò la Cabala più antica presenta profonde connessioni con quell’eredità; sicuramente non si tratta solo di un contatto storico o filosofico, ma di un’eredità psicologica e strutturale ancora più profonda.

Nello Zohar e nelle concezioni di Isaac Luria, l’elemento gnostico emerge con chiarezza.

Nato nel cuore profondo del popolo ebraico, lo gnosticismo costituiva una piena rivolta contro l’ostilità ebraica nei confronti del mito, che invece, per lo gnostico, era la passione prorompente per concezioni filosofiche intense e profonde e per teosofie cosmiche più ardite : i simboli gnostici, nello Zohar e negli scritti di Luria, diventano la più profonda espressione di fede e di amore per il Divino.

Il mondo del rigido monoteismo ebraico, che seguiva la Legge come ferma determinazione, che vedeva la salvezza solo nella fede cieca, che aveva creato delle solide fondamenta, che aveva delle ricette e delle pratiche formali infallibili, che si era affrancato dall’anarchia del mito, aveva prevalso e vinto nella mentalità abituale ebraica.

Lo gnosticismo irrompe e insorge per ribellarsi all’eliminazione degli elementi mitici ; perciò i cabalisti vivono e agiscono ribellandosi a un mondo che la loro coscienza non sentiva, in favore di un altro progetto che non si stancavano di affermare.

Lo gnosticismo rappresenta il matrimonio mistico tra il mito e la religione nell’animo profondo e misticamente religioso del popolo ebraico: una strana unione che portò a profonde ambiguità e lacerazioni.

La rigida affermazione della Legge aveva infatti portato alla frantumazione dello sguardo mistico del popolo ebraico, dell’ebreo che discendeva dall’arameo errante, proveniente con il suo gregge da Ur del Caldei.

Ora e qui vediamo consumata la vendetta del vecchio pastore errante, la riscossa dell’antico pastore nomade che meditava nel deserto.

Questi sentimenti mitici gnostico-cabalistici riescono a portare consolazione all’animo popolare, alla componente sentimentale, alla parte più indifesa dell’uomo, sia semplice che timoroso della vita e della morte.

La filosofia ebraica non aveva mai fornito una risposta a queste sensazioni di smarrimento umano, perché aveva voluto separarsi dagli strati più semplici e quasi primitivi della vita umana, guardando con distacco e fastidio alle loro problematiche esistenziali.

Nell’atteggiamento gnostico e cabalistico, nulla è più lontano dal disprezzo per questi timori, che insorge per consolare con la certezza del riscatto e del ritorno dell’uomo alla sua Divinità sotto forma di reintegrazione.

Nulla è più distante dal disprezzo per chi cerca di lenire le sofferenze e le umiliazioni della diaspora e del popolo ebraico.

Se vogliamo convincerli, è sufficiente considerare la sensibilità raffinata con cui tali mentalità affrontarono il problema del male umano e della sofferenza umana per la presenza demoniaca nella vita umana.

Il senso per la realtà del male e per l’orrore dell’elemento luciferino che i cabalisti affrontarono si coniuga quindi con la paura affine dell’animo popolare, creando un’alleanza solida e duratura.

Se ci chiediamo come mai un cerchio aristocratico di mistici potesse avere un’influenza così elevata sull’animo popolare, queste valutazioni renderanno la contraddizione molto meno aspra.

Tuttavia, delle parole sublimi trovarono un’espressione sensibile e, quindi, materiale, e nella loro materialità si trasformarono in elementi volgari e grossolani, diventando anche sciocca superstizione.

Uno dei più famosi cabalisti antichi, nonché uno dei primi in Provenza e in Spagna, vissuto intorno al 1200, Moshè ben Nahman, afferma che la Torah fu originariamente scritta con il fuoco nero su quello bianco, alludendo alla Torah scritta (nera) che si sovrapponeva a quella trasmessa tramite il contatto personale e in forma orale (bianca).

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La Torah fu scritta originariamente con fuoco nero su fuoco bianco, alludendo alla Torah scritta (nera) che si sovrapponeva a quella che si comunica tramite il contatto personale ed in forma orale (bianca)…

La Torah scritta simboleggiava la sfera donativa, maschile, della divinità che è Tifereth, mentre la Torah orale simboleggiava la sfera ricettiva, femminile, che è Shekhinah.

La totalità della Torah è racchiusa in questa unione, perché il cuore rappresenta la Torah scritta, mentre la bocca rappresenta la Torah orale.

La Torah venne scritta tutta di seguito e senza suddivisioni di parole, affinché potesse essere letta su due livelli e con i due colori, egualmente veri : come una serie di nomi divini e anche come storie e comandamenti pratici.

Perciò, nella Torah, ogni singola parola è importante e il valore del testo scritto è sacro.

Questo viene narrato già nel II secolo d.C. da Rabbi Meir, il quale, riferendo una raccomandazione del suo maestro Rabbi Ismael in merito alla precisione della copiatura dei testi a cui Meir era affaccendato, gli disse :

Figlio mio, sii cauto nel tuo lavoro, poiché è un lavoro divino ; se ometti una lettera o ne scrivi una di troppo, distruggi il mondo intero“.

Se il senso letterale della Torah è oscuro, il senso cabalistico del mistero è lo Zohar, puro splendore che trapela da ogni sillaba della sua Scrittura.

Così, il senso oscuro della Torah è dato dai suoi misteri, che vengono completamente rivelati dallo Zohar, il quale ne rivela il più profondo significato spirituale e sapienziale.

Lo Zohar ci ammonisce a non considerare la Torah in senso letterale, come un semplice testo di racconti e cronache storiche e quotidiane : questi racconti sono solo abiti esteriori che coprono il loro vero significato, come gli abiti che coprono il corpo degli uomini.

Questi abiti non sono che un involucro terreno, al punto che i folli vedono un abito bello o brutto e non vanno oltre, non sanno vedere cosa c’è sotto il vestito, ovvero nell’anima.

Coloro che sono veramente saggi, come afferma lo Zohar, non si concentrano su corpi e vestiti, ma sull’anima e forse, un giorno, potranno vederla interamente.

La Torah si riveste esteriormente di storie, come un buon vino che viene versato in una brocca, ma per arrivare all’Essenza Divina è necessario penetrare fino al mistero che si cela sotto l’involucro esteriore.

Secondo una concezione antica della tradizione rabbinica, coloro che fuggirono dall’Egitto erano 600.000.

Secondo le leggi della trasmigrazione dell’anima e della distribuzione delle scintille, in cui l’anima si scinde in ogni generazione, nel mondo ci sono sempre 600.000 anime fondamentali: sono le anime di coloro che erano presenti al momento in cui Mosè scese dal monte con le Tavole della Legge.

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Quindi nessun altro, se non quell’anima che viene da lì, possiede il permesso di intenderla in quella maniera intima e particolare, che perciò è riservata solo a lui…

Di conseguenza, queste anime che hanno fatto il patto continuano a onorarlo e ognuna di loro possiede una maniera particolare di interpretare il vero senso delle Sacre Scritture.

Ogni singola anima ha il suo modo particolare di comprendere la Torah, afferma Mosè Cordovero di Safer, ogni singola anima ha nella Torah un settore che è solo suo e che non appartiene a nessun altro.

Solo quell’anima che viene da lì possiede il permesso di intenderla in maniera intima e particolare, che perciò è riservata solo a lei.
A lui solo.

Collegandosi allo Zohar, i cabalisti di Safer giunsero alla conclusione che la Torah, nella sua forma visibile, contiene solo 340.000 lettere, ma che in qualche modo ne riesce a contenerne 600.000 nella Torah mistica.

Ogni individuo possiede una lettera legata a un’anima che legge la Torah in modo particolare, perché in quell’anima risuona la voce della sua radice: per questo la sua interpretazione è inappuntabile !

Uno dei maggiori cabalisti italiani, Menahem Azariah di Fano, vissuto intorno al 1600, nel suo trattato sull’anima, afferma che la prima scrittura della Torah, incisa sulle tavole che poi si spezzarono, conteneva proprio 600.000 lettere, e che poi, nelle seconde tavole, comparisse molto ridotta.

Tuttavia, grazie a una complessa operazione di ricombinazione delle lettere, la Torah riesce comunque a contenere le 600.000 parole primitive che costituiscono il suo corpo mistico.

Dice lo Zohar:

“C’è una Torah di cui non si può dire che sia creazione, ma è la sua emanazione”.

Dio e la Torah sono la stessa cosa, perché Dio divenne manifestazione e Legge nell’atto della Creazione, quando Egli rinunciò alla sua segretezza e si fece conoscere creando mondi e universi.

Secondo Hayim Joseph David Azulah, questi universi sono in continua creazione, perché l’uomo, pronunciando le parole della Torah, genera continuamente potenze spirituali, dando origine a nuove luci e nuove combinazioni, che nascono con le quotidiane ricombinazioni di elementi e di lettere.

Dice lo Zohar :

“La sacra Torah originariamente fu creata solo nella forma di una confusa mescolanza di lettere.

Ciò significa che tutte le lettere della Torah […] non erano ancora combinate tra loro in modo da formare le parole che leggiamo ora […] e solo quando si verificava un determinato evento nel mondo, le lettere si associavano in modo da comporre quelle parole che lo descrivono. […]

Se invece si fosse verificato un altro evento, sarebbero nate altre combinazioni di lettere, poiché la sacra Torah è l’infinita saggezza di Dio”.

Secondo il rabbino Rabbi Eliyahu Kohen Ittamari di Smirne, nato nel 1729, esisteva una teoria ancor più ardita, secondo la quale la Torah originaria esisteva presso Dio, in una forma non articolata, prima che fosse condotta alle sfere inferiori.

Davanti all’Eterno c’era una serie di lettere che non erano composte in parole come le leggiamo adesso, ma la composizione avrebbe dovuto avvenire a seconda di come si sarebbero comportati i mondi inferiori.

A causa del peccato di Adamo, avvenne un certo tipo di scrittura e si formarono le parole che parlavano di morte, di malattia e di dolore. Ma, senza quel peccato, le stesse lettere non avrebbero composto quelle parole, bensì storie molto diverse.

Perciò l’assenza di pause e punteggiatura della Torah originale deve ricordarci che sarà solo con l’avvento del Messia che si avrà la definitiva cancellazione della morte, della malattia e del dolore, cioè di tutte le infelicità che opprimono l’essere umano.

Questo è il motivo per cui, quando avverrà l’ultima ricombinazione, sarà lo stesso Dio a insegnarci a leggerle, a separarle, a conteggiarle e, infine, a ricombinarle tutte nell’unica Torah.


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