Giugno 25, 2010 Storie di sport e di vita
L’inevitabile caduta degli dei
“Se contro la Slovacchia avessero giocato il Chievo o il Novara o la mitica nazionale padana, avrebbero certamente vinto e fatto una figura migliore”.
Ovviamente tralascio di commentare la frase idiota di Matteo Salvini (chi è di Milano e dintorni conosce già bene il personaggio e le sue sparate nel corso degli anni), e aggiungo qualche mia noiosa e frustrata considerazione su questa inevitabile caduta degli dei, di cui ne ero talmente sicura che, pur non seguendo più da tempo il football, avevo puntato e giocato (a 7:1) e avevo dichiarato pubblicamente che l’Italia sarebbe sicuramente uscita al primo turno.
Era troppo facile.
Se avessi tali certezze negli investimenti finanziari, a quest’ora sarei a gestire il Quantum Fund, ma purtroppo la finanza è un po’ più complicata.
Da italiana, sento una morsa allo stomaco, un disagio interiore che è sicuramente figlio della consapevolezza dell’ennesima dimostrazione della pochezza, dell’arroganza e dell’ipocrisia di questo Paese.
Nascondere i motivi di questo fallimento appartiene proprio a quel marcio DNA che avvolge l’ormai ex bel paese.
Se ci limitiamo al calcio e alla nazionale, basterebbe chiedersi che fine ha fatto l’Under21, che è sempre stata un’ottima palestra per le giovani speranze.
Basterebbe chiedersi perché un raccomandato, inadeguato sia sotto il profilo tecnico/tattico sia sotto il profilo pedagogico (e mi riferisco all’insegnare, aiutare e far crescere), abbia preso le redini di una squadra (l’Under21) che dovrebbe essere il serbatoio da cui attingere.
Basterebbe chiedersi che fine ha fatto l’ex campionato più difficile e più bello del mondo, ormai ridotto a una disfida dilettantistica come l’attuale Trofeo Tim (sponsor primario della squadra unica nazionale, in evidente conflitto di interesse, molto più grande delle tivù di Berlusconi).
Visto che le risposte sono troppo facili (almeno per me), che non seguo più il calcio da anni e che ho sempre avuto un approccio molto sereno con questo sport, che a mio avviso è davvero troppo sopravvalutato, ecco che allora viene spontaneo lasciarsi scappare un ghigno beffardo, certamente amarognolo, “perché l’avete voluto tutti voi, inventandovi e portando avanti ormai da anni con il beneplacito delle istituzioni una vicenda che non è mai esistita“.
Basterebbe non fidarsi delle barzellette che ci propinano da quattro anni e leggere con occhio critico, purtroppo assente in un popolo sempre diviso in fazioni e in ogni discussione, ma stranamente in questo caso noto una certa riluttanza a farlo, anche da persone che in tutti gli altri campi sono sempre e comunque obiettive.
Quindi, ora non lamentatevi.
Questo era l’ovvio finale (almeno per me), anzi, oserei dire che siamo anche in questo caso solamente all’inizio di un trend ribassista destinato a fare minimi molto più profondi.
Che sprofondino dirigenti, giornalisti, politici, poteri forti, nani e ballerine.
Analizzando più da vicino, non si può che sottolineare che il mondiale dei “campioni del mondo” è già finito nel girone eliminatorio.
Oggettivamente, bisogna tornare al “dentista” Pak Do Ik per trovare un flop di eguali dimensioni, con l’aggravante di uscire in questo modo indecoroso da campioni in carica.
Il calcio italiano non è sicuramente quello che non passa il turno davanti a Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia (rotfl, che squadroni), ma siamo proprio sicuri che i ricambi, le nuove generazioni, siano un serbatoio qualitativamente apprezzabile ?
Temo che ci sia un equivoco di fondo.
Insomma, il fallimento parte da lontano e ha un momento temporale ben preciso: quattro anni fa, proprio quando si stava preparando il mondiale tedesco, quando è stato dato il via libera alla distruzione del vero serbatoio della Nazionale, della società che ha sempre dato un’impronta chiara, netta e certa al di là di qualunque dubbio, in ogni vittoria iridata nazionale.
O qualcuno poteva pensare, soprattutto questa volta, di sfruttare il blocco della “squadra più forte e più onesta del calcio italiano ?”
Difficile, in effetti, anche perché nella suddetta società il 98% dei giocatori, compreso l’allenatore, è straniero, vero ?
Naturalmente la “cara istituzione” FIGC troverà il modo di lavarsene le mani.
Non amo sparare sulla croce rossa né colpevolizzare i giocatori (mediocri o bolliti, ma non c’era di meglio o quasi, purtroppo) né tantomeno il mister (cui non ho risparmiato mai pesantissime critiche di ogni genere in ogni occasione, ma in questa mi pare innocente) : questo crollo storico parte da lontano e ha nomi e cognomi.
Sono gli stessi nomi e cognomi che, dopo aver fatto finta di non vedere l’assassino con le mani insanguinate, volevano l’allenatore (ed il blocco della squadra di club, che all’epoca era probabilmente la più forte di tutti i tempi, visto che ben nove giocatori su undici titolari giocarono la finale mondiale) a casa prima dei mondiali del 2006, e che non persero l’occasione di vantarsi in TV del valore del calcio italiano.
Li conosciamo tutti, inutile ripeterlo.
E sappiamo anche benissimo che tutti vogliono ripetere sempre e comunque la stessa litania e non ammetteranno mai le proprie colpe.
Ecco perché oggi, in fondo, sono contenta della debacle italiana.
Da persona che ama lo sport e che in più occasioni ha giocato all’estero con la bandierina italiana vicino al proprio nome, sono ovviamente profondamente amareggiata per l’ennesima figuraccia (non solo sportiva) del nostro Paese.