Manodopera a costo quasi nullo al capolinea ?

Aprile 3, 2008 EcoAnemia


Manodopera a costo quasi nullo al capolinea ?

[…]È il più grande sciopero nella storia del Vietnam ,e colpisce una marca-simbolo della globalizzazione: 20.000 operai e soprattutto giovani operaie hanno paralizzato uno dei più grossi stabilimenti della Nike.

È un nuovo duro colpo per l’immagine della Nike, che è già stata il bersaglio di campagne delle associazioni umanitarie e dei consumatori americani per gli scandali del lavoro minorile e per lo sfruttamento sistematico della manodopera nei paesi più poveri.

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I lavoratori della fabbrica di Ching Luh, nella provincia meridionale di Long An, da ieri sono scesi in lotta per ottenere aumenti salariali.

La loro paga attuale non raggiunge i 40 euro mensili: meno del prezzo medio di un solo paio di scarpe sportive in un ipermercato occidentale.

E anche se questo è un salario “superiore alla media degli operai vietnamiti”, come si è affrettata a precisare la multinazionale, le buste paga hanno visto il loro potere d’acquisto taglieggiato da un’inflazione galoppante, soprattutto per il genere alimentare più essenziale, il riso. […]

Manodopera a costo quasi nullo al capolinea ?

[…]secondo una politica seguita sistematicamente dal colosso americano, lo stabilimento non è posseduto dalla Nike che perciò può dissociarsi dalle responsabilità del management.

I proprietari in questo caso sono imprenditori taiwanesi, legati da un contratto di fornitura in esclusiva per la Nike. […]

[…]È questa strategia che in passato ha attirato le ire delle associazioni umanitarie.

Dietro le campagne di boicottaggio che hanno colpito la Nike c’è l’accusa alla multinazionale Usa di nascondersi dietro i terzisti e di invocare il rispetto delle leggi locali, in paesi dove la tutela dei lavoratori è debole o inesistente.

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Sotto la pressione delle associazioni di consumatori americani e di ong umanitarie, la Nike è stata una delle prime multinazionali a varare un codice etico e a pubblicare un “rapporto di responsabilità sociale” insieme con il proprio bilancio annuo.

Si è impegnata cioè a garantire la massima trasparenza sulle condizioni di lavoro in vigore presso i propri subfornitori, concentrati nei paesi asiatici a basso costo della manodopera: oltre al Vietnam la Nike ha 130 fabbriche in Cina e altre decine in India, Malesia, Indonesia.

Ma il “rapporto di responsabilità sociale” non ha impedito che scoppiasse uno scandalo recente in uno dei suoi stabilimenti in Pakistan, dove molti bambini erano coinvolti nella produzione di palloni da calcio cuciti a mano.

Nel caso del Vietnam la tensione salariale è resa acuta dal folle rincaro dei generi di prima necessità […]

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[…]Nell’ultimo mese i prezzi dei generi alimentari sono rincarati del 25%, un colpo duro per le buste paga degli operai della Nike. Il principale imputato per questo choc inflazionistico è il riso.[…]

E’ vero che i prezzi dei generi di prima necessità come il riso sono rincarati a livelli assurdi per il dilagare delle speculazioni folli che stanno gonfiando a dismisura, turn around, più o meno tutti i settori (“Rice climbed to a record and corn traded near its highest ever on speculation food” campeggia oggi sulla prima pagina di Bloomberg, ma l’aumento del prezzo non è certo dovuto al fatto che in Asia ora si consuma improvvisamente più riso), ma la speculazione salariale delle multinazionali è a livello inaccettabile.

Con il totale beneplacito dei governi locali, of course.

Sfruttamente del lavoro minorile, paghe a livello infimo, mancato rispetto delle condizioni minime della sicurezza del lavoro.

Sarà sempre un problema farla rispettare da noi se nel mondo esisterà questa piaga non regolamentata, perchè gli squali, attratti dai bassi costi, preferirarnno sempre e comunque produrre da un’altra parte a discapito dei luoghi ove viene disciplinato per legge tutto questo.


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