Sul modo di pensare durante una partita a scacchi

Marzo 15, 2007 Il lato oscuro degli scacchi


Sul modo di pensare durante una partita a scacchi

A mio modo di vedere, non esiste un modo univoco.
Non esiste una ricetta, un metodo standard da seguire.

Andiamo per gradi.
Gli scacchi sono essenzialmente una lotta, una battaglia.

Tuttavia, a mio avviso, hanno anche un aspetto che li accomuna alle belle arti : permettono a ogni individuo di esprimersi.
Dunque, danno uno stile di gioco.

Nell’arte, lo stile può avere due significati : uno si riferisce alle caratteristiche tipiche di una scuola di pensiero, l’altro alle qualità individuali dell’artista.

Se prendiamo due musicisti nati e vissuti nella stessa città più o meno nello stesso periodo, Haydn e Mozart, vediamo che sono entrambi rappresentanti di uno stile classico, ma sono anche completamente diversi per quanto riguarda il loro stile di composizione e la loro personalità.

Anche nel gioco degli scacchi sono esistiti diversi stili nelle varie epoche storiche.
Basta pensare a come si giocava nell’Ottocento, oppure solo 25-30 anni fa, e come si gioca oggi.

Che significa questo ?
Ognuno di noi dovrebbe riuscire a crearsi un proprio stile individuale, un proprio approccio alla partita.


Sul modo di pensare durante una partita a scacchi
Sul modo di pensare durante una partita a scacchi. Non esiste una ricetta, un metodo standard.

È chiaro che lo stile di gioco di un giocatore è il risultato della combinazione di diversi fattori: carattere, attitudine, talento, dedizione e studio.
A mio avviso, notate che non esiste affatto alcuna correlazione fra il carattere di una persona, la sua personalità e il suo stile di gioco.

Forse, la “magia” del nostro gioco è che ci permette di esprimere una parte di noi stessi che non riusciamo o non vogliamo esternare in altri modi.

Questo a livello di stile personale, naturalmente.
A livello tecnico, ritengo che i ragionamenti da fare siano un po’ diversi.

E forse andrò controcorrente rispetto al pensiero comune.

Qual è il ragionamento che sta dietro alle mosse necessarie in una certa posizione ?

Come facciamo a stabilire in modo univoco il fine di una determinata manovra tattica (matto, vantaggio decisivo di materiale o un semplice vantaggio posizionale) ?

Supponiamo di avere una posizione di matto e di calcolarne la sequenza.

Un giocatore non fa altro nella sua mente che ricostruire per tentativi la successione di mosse che vanno dalla posizione che sta analizzando fino a quella che porterà al matto.

In pratica, si tratta di far scattare fra i neuroni del proprio cervello quelli che “intercettano” la configurazione di matto (detta comunemente “pattern”).

In pratica, cosa facciamo ?
Analizziamo per tentativi mentali.

Il procedimento è relativamente semplice per i “pattern” di matto, almeno quelli riconducibili a delle sequenze forzate.

Un po’ meno per gli altri tipi di combinazioni, anche se spesso possono essere ricondotte a “famiglie” o temi ricorrenti.

Spesso, quando stiamo riflettendo su una posizione, ci capita di notare qualcosa di familiare.
Che “vediamo” qualcosa di noto che “potrebbe” portarci a qualcosa (ma ancora non sappiamo cosa).

In effetti, le posizioni dei nostri pezzi, quelli del nostro avversario, le debolezze e i temi sono tutte informazioni che il nostro cervello acquisisce in maniera cosciente e non.

Tutte queste informazioni entreranno nella nostra mente e il loro utilizzo dipenderà dall’esperienza, dall’intuito e da altri fattori.

Ma il nostro cervello ha già “depositato” da qualche parte le informazioni necessarie in qualche “archivio” a lungo termine che dobbiamo in qualche modo recuperare.
Inoltre, man mano che valutiamo una posizione, possiamo aggiungere altri elementi a quelli già acquisiti.

Naturalmente, dopo averli acquisiti e recuperati dalla nostra mente, i “pattern” devono essere ricollegati fra di loro, prevedendo l’ordine corretto delle mosse (quante volte abbiamo vanificato una combinazione per non aver previsto una semplice trasposizione di mosse ?).

Bisogna anche considerare la priorità di certe mosse su altre, la presenza di mosse intermedie (perfidissime queste e capaci di rovinare una combinazione stupenda che abbiamo progettato).

Tutte queste informazioni saranno naturalmente dislocate nella “ram” a breve termine del nostro cervello, che cercherà di dare la sequenza logica.
Se l’analisi rivela che la sequenza è errata, si ripete l’analisi finché non si ottiene una sequenza che riteniamo soddisfacente.

Se non la troviamo, si scarta la sequenza e se ne prende un’altra.

Ed ecco che si arriva al punto fondamentale : la differenza fra i giocatori forti e quelli più deboli nell’affrontare il calcolo delle varianti.

A mio parere, la differenza è data esclusivamente dalla memoria a lungo termine.

Un giocatore di esperienza forte, ad esempio un GM, ha studiato un numero nettamente maggiore di partite rispetto a un giocatore con 2000 punti Elo ; per cui ha immagazzinato nel suo archivio mentale molte più informazioni, cioè quelle configurazioni o pattern di cui abbiamo parlato in precedenza.

Sul modo di pensare durante una partita a scacchi
Sul modo di pensare durante una partita a scacchi. La differenza è data esclusivamente dalla memoria a lungo termine…

Un GM arriva a riconoscere fino a 100.000 pattern, mentre un giocatore con 2.200-2.300 punti elo ne riconoscerà circa 50.000.

Un altro fatto da notare è che un forte giocatore non solo riconoscerà i singoli pattern, ma riuscirà anche a creare delle vere e proprie configurazioni che costituiranno dei veri e propri blocchi di messaggi che faciliteranno l’analisi di ciascuna delle situazioni viste in precedenza.

In pratica, cosa significa ?
Significa che la forza di gioco aumenta man mano che le varie configurazioni vengono memorizzate stabilmente nella memoria a lungo termine (ed ecco perché un giovane giocatore tenderà ad aumentare molto più rapidamente la sua forza di gioco rispetto a chi è più avanti con l’età).

Ecco perché insisto molto sull’analisi sistematica delle proprie partite e di quelle giocate da giocatori forti, a partire da quelle lineari nei piani e nelle soluzioni tattiche.

Sono le prime che, a mio avviso, devono essere memorizzate nella nostra memoria a lungo termine per creare quel bagaglio necessario ogni volta per analizzare le posizioni che ci capitano nel corso delle nostre partite.

Può essere utile anche “ripassare” questi concetti giocando partite lampo o semilampo, dove, nonostante la scarsità di tempo a disposizione, possiamo esercitare la nostra mente a essere elastici e a trovare la configurazione utile nel minor tempo possibile.

Poi c’è la parte legata alla psicologia vera e propria.

Questo argomento include l’approccio a un torneo, la tenuta nervosa e tutti i fattori extra-scacchistici.
Anche tutto questo è importante, ma credo che per ora esuli dall’argomento che stiamo trattando.


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