Gennaio 31, 2012 MacroEcoAnemia
Monti sta affossando definitivamente l’economia
Come era facilmente prevedibile, Monti sta affossando definitivamente l’economia: sono arrivati decine di migliaia di fallimenti, stime a spanne.
Fiducia dei consumatori in Italia : livello più basso dal 1996.
La stima del Pil del Fondo Monetario Internazionale prevede un calo del PIL nel 2012 del 2,2% (a livello mondiale si stima un aumento del 3%).Credito: riduzione dal 2% al 3% in tutta l’area € (NB : negli ultimi 20 anni è sempre cresciuto dal 5% al 10% annuo).
Deficit privato (inteso come settore) : stato italiano +4% di entrate (rispetto alle spese), deficit estero -2%, calo del credito -2-3% (del PIL) = deficit privato -8% nel 2012, solo su base annua, compensabile solo con i propri fondi privati. –> PIL Italia 2012/2013: -4% minimo
E da ieri sera i giornali e le tivù continuano a ripetere la solita tiritera sul “deficit pubblico”, con dichiarazione di ieri, nientemeno che via Twitter, di un sempre più odioso Van Rompuy: è stato firmato il Trattato Europeo che iimpegna a ridurre il deficit pubblico allo 0.5% di PIL (gli unici a non accettare i non certo fessi inglesi e i cechi).
In pratica, questo porterà alla distruzione del tessuto economico europeo, e in particolare del nostro, dato che il settore privato italiano avrà un deficit nel 2012 pari al 7-8% del PIL.
Monti, Passera, Befera, i giornali e le televisioni applaudono la caccia all’evasore, ma con le aliquote e le tasse attuali si arriva a pagare dal 40% (nel caso di una grande impresa) al 60% (per un artigiano o un’impresa piccola) : per chi ha una piccola impresa autonoma è molto meglio non fare nulla e non lavorare (o fare piccoli lavori in nero).
Decisamente meno rischioso e soprattutto più remunerativo (pensateci e ne converrete purtroppo).
Questa repressione avrà un impatto negativo sull’economia ancora più pesante, con buona pace di tutti i dipendenti pubblici e parastatali (i prossimi a essere spazzati via dalla riforma dell’art. 18) e di tutti coloro che, a causa delle parole che vado ripetendo da mesi, mi hanno tolto l’amicizia.
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Una storia eloquente è la seguente, tipica di ciò che sta accadendo da anni in una delle regioni più industrializzate italiane : la Brianza.
Le sfere d’acciaio sono dappertutto : nelle confezioni degli smalti per unghie, per garantire una fluidità costante, negli stick per rossetto, quasi a bilanciarne il peso, nelle guide per i cassetti o sulle porte scorrevoli degli armadi.
E naturalmente, sono tantissime nelle auto e nel settore automotive.
Milioni e milioni di sfere.
Che d’ora in poi saranno prodotte quasi tutte in Cina.
Daniela Bonacina, la signora delle sfere, si è arresa : contro i cinesi è una partita persa, visto che riescono a vendere a un terzo dei costi italiani.
Daniela e i suoi fratelli, Roberto (responsabile commerciale), Massimo e Mario (impegnati nella produzione), non riescono più a sostenere i costi dell’energia più alti d’Europa (Irlanda esclusa) per far girare i voraci motori ad alta potenza.
Sono stufi di pagare fior di quattrini e riempire pagine di formulari per gli sfridi di acciaio che, una volta riciclati nelle fonderie, ora, classificati come rifiuti industriali non pericolosi, rappresentano una fonte inenarrabile di lavoro, burocrazia e fatture da pagare a migliaia di euro per materiale che potrebbe essere adeguatamente riciclato.
Non riescono più a far partire i camion dalla Brianza, dove è più facile arrancare a dieci chilometri all’ora invece di “correre” a 60, senza sapere quando le consegne verranno effettuate.
È finita, è chiuso.
La Bbsfere di Carate Brianza chiude i battenti dopo 62 anni di onorata attività e dopo essere arrivata ai vertici europei nella produzione di sfere d’acciaio.
I fratelli Bonacina chiudono, «stanchi, demoralizzati e amareggiati».
Ora sono impegnati nella liquidazione volontaria delle attività «perché vogliamo uscire a testa alta da questa situazione».
Stanno trattando per vendere i complessi macchinari a controllo numerico a due concorrenti francesi e tedeschi, tra i pochi rimasti in attività :
«Abbiamo visto che entrambi hanno problemi di spazio, ma hanno declinato il nostro invito a produrre a Carate Brianza, dove abbiamo linee produttive sviluppate su 20.000 metri quadrati e terreni per le attività collegate, come il trattamento per gli sfridi.
In Italia non vogliono venire.
E li capisco».
La mazzata che li ha convinti a chiudere si è giocata nel giro di otto secondi, quando hanno inviato per via telematica un progetto destinato al risparmio energetico e al recupero e riciclaggio degli sfridi di acciaio.
Era il giorno del click day per ottenere gli incentivi per la ricerca e lo sviluppo.
Daniela spiega :
«Abbiamo speso una fortuna con consulenti e professionisti che hanno redatto un bel programma.
Ma sono bastati otto secondi per essere esclusi dagli incentivi.Spiacenti, ma i fondi sono esauriti».
Eppure la Bbsfere ha tentato in tutti i modi di restare competitiva e di continuare l’attività fondata dal padre nel febbraio del 1947 in un porticato di Besana Brianza, con macchinari progettati e costruiti dallo stesso Bonacina.
«Per noi fratelli è un vero dramma chiudere l’attività dove nostro padre aveva messo passione, intelligenza e i fondi che aveva».
In questi 62 anni hanno ampliato l’attività fino a diventare tra i maggiori produttori europei, con un centinaio di dipendenti e acquisendo anche una società concorrente in provincia di Treviso.
Nei tempi d’oro erano arrivati a lavorare 20 tonnellate d’acciaio al giorno, producendo microsfere da 1,5 millimetri fino alle enormi sfere da 200 millimetri, pesanti 36 chili l’una, destinate a una megascavatrice in Australia.
Esportavano il 40% della produzione.
Sempre con un occhio all’innovazione e al controllo della qualità: nell’automotive sono richiesti alti standard di precisione.
Daniela ricorda :
«Ricordo bene quando alla Volkswagen hanno mugugnato per aver trovato due sfere fuori standard su un milione di pezzi consegnati».
Tempi eroici, quelli.
Tempi durati fino al 2002, quando sono arrivati i cinesi.
Da quel momento sono iniziati i problemi che hanno costretto i Bonacina a chiudere.
La loro storia imprenditoriale racchiude in sé tutti i mali che gravano, frenano, umiliano e annichiliscono le piccole imprese italiane.
A come aiuti pubblici
«Assolutamente niente.
Non abbiamo ricevuto un euro in tutti gli anni d’attività e nemmeno in occasione del click day.
Quando abbiamo chiesto interventi pubblici per la questione dei rifiuti o per frenare l’importazione di prodotti cinesi, abbiamo trovato solo parole, poche promesse e nessun aiuto concreto».
B come banche
«Una vergogna.
A Treviso, per esempio, dovevamo pagare a UniCredit commissioni di massimo scoperto altissime, anche quando non superavamo i limiti previsti.
Abbiamo protestato, ma formalmente era tutto previsto dalle clausole scritte nel corpo 4.
Una situazione da denuncia.Intesa Sanpaolo ci ha chiuso le linee di credito al primo segnale di difficoltà, dopo 62 anni di pagamenti puntuali.
Solo le banche territoriali, in particolare il Banco di Desio, ci sono state vicine, hanno compreso i problemi e la nostra volontà di andare avanti.
Ma non è bastato».
C come cinesi
Sono arrivati nel 2002, prima con le sfere di ferro, conquistando la fascia bassa del mercato europeo.
In seguito, si sono avvicinati al settore dell’acciaio.
«Vendono a un terzo dei costi che noi sosteniamo in Italia.
Abbiamo reagito acquistando macchinari complessi, stampatrici americane e forni con un impatto ambientale sostenibile.Non c’è stato niente da fare, il divario dei prezzi è troppo alto.
Per cercare di capire come fanno a vendere a prezzi così bassi, siamo andati in Cina : il loro costo della manodopera è così basso che possono permettersi un operaio per ogni macchina, risultando competitivi anche se da noi un operaio sovrintende a sei macchinari.Alla nostra precisa domanda, hanno risposto che non è un loro problema sapere dove finiscono gli sfridi, in quanto non hanno impianti di depurazione e tutto il resto.
Inoltre, l’energia la pagano a prezzi impensabili per noi.La battaglia è persa».
D come dumping
In questi mesi di crisi internazionale, i concorrenti cinesi, che in Italia possono contare su un distributore agguerrito che ha imparato il mestiere proprio alla Bbsfere, stanno puntando tutte le loro carte su prezzi ancora più bassi, a costo di lavorare in perdita.
«Ho provato a chiedere l’imposizione di dazi, come hanno fatto i produttori di bulloni e altri settori.
Ma ero l’unica a sollecitare tale misura, essendo rimasta l’unico produttore indipendente in Italia.
Per mille motivi burocratici non ci sono riuscita».
E come enti locali
«Ci sono voluti sette anni per ottenere il permesso di costruire un nuovo capannone e, ironia della sorte, il via libera è arrivato proprio quando è scoppiata la crisi.
Ora è lì, ma non l’abbiamo completato.Ho scritto al presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, per lanciare l’allarme sulla mia impresa.
Ho avuto un incontro ufficiale con 18 dirigenti.
Poi neanche una risposta».
F come fonti energetiche
«I nostri motori ad alta potenza sono molto energivori e il costo dell’energia incide per oltre il 20% sul costo finale.
Paghiamo l’energia più cara d’Europa (esclusa l’Irlanda).Siamo entrati in un consorzio di produttori per risparmiare sull’elettricità, ma un taglio del 5-6% non è sufficiente».
I come infrastrutture della Brianza
«Siamo isolati.
Siamo a una trentina di chilometri da Milano, ma ci vogliono ore per arrivarci.Hanno fatto mille promesse sulle infrastrutture, ma sono rimaste sulla carta.
I progetti, presentati in tanti convegni, sono rimasti nei cassetti.
È quasi impossibile pianificare le consegne, con conseguenti aumenti dei costi.
È un disastro».
M come manodopera specializzata
«La lavorazione delle sfere, contrariamente a quanto si possa pensare, richiede grande manualità e una forte specializzazione tecnico-professionale : c’è la fase dello stampaggio, della rodatura e della rettifica.
Poi si passa al lavaggio, alla lucidatura e al controllo finale della qualità.
Si tratta di un lavoro sporco, rumoroso e faticoso.I macchinari sono complessi, ma per capire quando una sfera è pronta o se ci sono difetti anche minimi, ci vogliono occhio, manualità e grande esperienza.
Devo dire che negli anni abbiamo assistito a un calo delle competenze dei nuovi addetti.In Brianza non ci sono scuole professionali adeguate e questo significa perdere competenze e capacità che impoveriscono tutto il territorio».
P come perdite
«Pur di continuare la nostra attività, abbiamo accettato di lavorare in perdita per tre anni.
Abbiamo venduto l’azienda di Treviso e un capannone in Brianza, ma poi siamo stati travolti.
Non ci siamo arricchiti impoverendo l’azienda e i nostri dipendenti lo hanno capito e apprezzato».
Q come qualità
«I nostri prodotti sono di alta qualità, ma i cinesi non sono ancora in grado di garantire una qualità costante.
I cinesi stanno invadendo l’Europa, ma non sono ancora in grado di garantire una qualità costante.«Di fatto molti clienti mi hanno detto che ricevono partite intere da buttare.
Questo è il prezzo da pagare se si vuole risparmiare sui costi d’acquisto».
I fratelli Bonacina avrebbero potuto specializzarsi nella produzione di sfere di alta qualità o di acciai speciali, come quelli utilizzati dalla Ferrero per macinare il cacao, ma il business sarebbe stato troppo piccolo per la loro azienda.
R come rifiuti industriali
«Il 25% dell’acciaio viene perso nella fase di stampaggio e nelle altre lavorazioni.
In precedenza lo consegnavamo all’Ilva di Genova e poi all’impianto di Taranto.
Ora non è più possibile.L’acciaio è diventato “rifiuto industriale non pericoloso” e dobbiamo affrontare complesse operazioni per la raccolta, la catalogazione e la conservazione di questi rifiuti, con decine di formulari da compilare e conservare, e poi paghiamo fatture salate per la consegna alla piattaforma specializzata.
Abbiamo anche ricevuto offerte per esportare gli sfridi, ma non c’erano sufficienti garanzie sul loro destino : non abbiamo voluto rischiare.
Gli enti pubblici, assenti nella gestione della crisi, sono sempre stati presenti con minuziosi controlli sullo smaltimento dei pallet, dei legni o dei toner delle stampanti.Sono favorevole alla difesa ambientale, ma ci sono adempimenti burocratici che fanno perdere la voglia di lavorare».
S come sindacati
«Abbiamo sempre avuto ottimi rapporti con i sindacati, che hanno compreso i nostri sforzi e accettato la nostra decisione, anche se chiudere l’azienda voleva dire mandare a spasso 63 addetti con le rispettive famiglie.
A Natale ho regalato una copia del libro La Casta di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella a tutti i dipendenti per evidenziare il divario tra chi occupa le poltrone e chi lavora in fabbrica.
E di come noi siamo lasciati soli».
Z come zero (voglia di continuare)
«La delusione è così forte – conclude Daniela Bonacina – che mio fratello Massimo ha sgridato il figlio Alessandro quando si è accorto che con i mattoncini Lego stava costruendo le stampanti e i macchinari visti in fabbrica : la meccanica è una passione, gli ha detto, ma tu devi dimenticartela.
Gli ha nascosto il Lego».