Nanorouters nei cosiddetti vaccini : una scoperta fondamentale

Novembre 25, 2021 Grafene, Neurocontrollo, Studi scientifici

In tale ambito, è stata rilevata la presenza di circuiti di nanorouter nei campioni di materiali denominati “vaccini”.

Questo ritrovamento rappresenta un elemento cruciale per tutte le ricerche condotte, confermando l’installazione di un dispositivo hardware nel corpo delle persone “vaccinate” senza il loro consenso informato.

Tale dispositivo esegue processi di raccolta e interazione completamente al di fuori del loro controllo.

Veronica Baker


Nanorouters nei cosiddetti vaccini : una scoperta fondamentale

A seguito della scoperta dell’ossido di grafene nei cosiddetti “vaccini“, tutte le successive scoperte e i risultati ottenuti hanno confermato la sua presenza (Campra, P. 2021).

Ad oggi, sono state trovate anche prove e indicazioni più che ragionevoli dell’esistenza di nanotubi e nanopolpi di carbonio/grafene, sfere mesoporose, nano-vermi colloidali semimoventi : tutti oggetti che non dovrebbero essere presenti in alcun “vaccino” e che naturalmente non sono stati dichiarati dalle case farmaceutiche fra i componenti.

Inoltre, sono stati identificati e evidenziati in immagini di campioni di sangue di soggetti vaccinati altri tipi di oggetti, tra cui micro-robot magnetici a nastro di idrogel, nano-antenne di grafene cristallizzato e punti quantici di grafene, noti anche come GQD.

In questa occasione, analizzando una delle immagini ottenute dal Dr. Campra, corrispondente a un campione del cosiddetto “vaccino” Pfizer (vedi figura 1), si è scoperto che con grande probabilità si tratti di un nanorouter, o perlomeno di una parte dei suoi circuiti.

L’immagine originale rivela la presenza di una goccia ben definita, all’interno della quale si osservano strutture cristalline di forma quadrangolare o cubica.
Un’analisi più ravvicinata rivela la presenza di segni su questi cristalli, con un andamento regolare, in alcuni casi ben definito, ma limitato dall’ottica del microscopio.


Nanorouters nei cosiddetti vaccini
Fig. 1. : Formazioni cristalline che mostrano segni di quelli che sembrano circuiti. Tra questi oggetti è stato scoperto il circuito di quello che potrebbe essere un nanorouter. Immagine di un campione del cosiddetto “vaccino” Pfizer, ottenuto da (Campra, P. 2021)

La scoperta è stata possibile isolando ogni cristallo quadrangolare, applicando un processo di rasterizzazione, focalizzazione e delimitazione dei bordi dell’immagine, al fine di pronunciare ulteriormente le marcature osservate.

Una volta completato questo processo, è stata tracciata una bozza con le linee e i motivi inscritti sul vetro, delineando un contorno netto di ciò che appariva come un circuito.

L’osservazione di linee parallele e perpendicolari con una distribuzione significativamente diversa da quella frattale ha condotto alla conclusione che il prodotto esaminato è presumibilmente il risultato di un processo di fabbricazione.

A tal fine, sono stati condotti approfondimenti nella relativa letteratura scientifica per individuare pattern simili a quello del circuito appena disegnato.
La ricerca ha prodotto risultati significativi, portando alla scoperta di un modello di nanorouter a punti quantici, come illustrato nella figura 2.


Nanorouters nei cosiddetti vaccini
Fig. 2.: Possibile nanorouter a punti quantici osservato in un cristallo quadrangolare, in un’immagine ottenuta dal medico (Campra, P. 2021). Nell’angolo in basso a destra, si osserva il circuito nanorouter a punti quantici pubblicato da (Sardinha, LH; Costa, AM; Neto, OPV; Vieira, LF; Vieira, MA 2013). Nota l’ovvia somiglianza tra lo schizzo, la forma inscritta nel cristallo e il circuito del punto quantico.

La scoperta in questione riveste un’importanza fondamentale, non solo per comprendere appieno lo scopo e i componenti dei cosiddetti “vaccini“, ma anche per spiegare l’esistenza del fenomeno degli indirizzi MAC visibili attraverso il Bluetooth di numerosi dispositivi mobili.

Contesto della scoperta

Prima di procedere alla spiegazione di ciò che è stato definitivamente verificato, è opportuno delineare in modo definitivo il contesto in cui è inquadrata, al fine di garantire una comprensione preliminare e successivamente un approfondimento più dettagliato.

In primo luogo, è fondamentale considerare che il grafene e i suoi derivati, l’ossido di grafene (GO) e i nanotubi di carbonio (CNT), rientrano tra i componenti dei cosiddetti “vaccini“, come ampiamente dimostrato da numerose fonti su questo sito.

Le proprietà del grafene sono eccezionali dal punto di vista fisico, termodinamico, elettronico, meccanico e magnetico.

Tali caratteristiche uniche conferiscono al grafene la capacità di essere impiegato in applicazioni tecnologiche avanzate, tra cui la funzionalità di superconduttore, assorbitore di onde elettromagnetiche (microonde EM), emettitore, ricevitore di segnali e antenna quantica.

Questo ha portato alla realizzazione di dispositivi elettronici di dimensioni nano e micrometriche, rivoluzionando il campo dell’elettronica moderna.

Per questo motivo il grafene può essere ormai considerato un nanomateriale fondamentale per lo sviluppo della nano-biomedicina (Mitragotri, S .; Anderson, DG; Chen, X .; Chow, EK; Ho, D .; Kabanov, AV; Xu, C. 2015), reti di nanocomunicazione (Kumar, MR 2019), di nuove terapie per la somministrazione di farmaci (Yu, J .; Zhang, Y .; Yan, J .; Kahkoska, AR; Gu, Z. 2018), di trattamenti contro il cancro (Huang, G .; Huang, H. 2018) ed il trattamento neurologico delle malattie neurodegenerative (John, AA; Subramanian, AP; Vellayappan, MV; Balaji, A .; Mohandas, H .; Jaganathan, SK 2015).

Tuttavia, la comunità scientifica ha raggiunto un consenso unanime riguardo alle implicazioni per la salute umana.

È noto che il grafene (G), l’ossido di grafene (GO) e altri derivati, quali i nanotubi di carbonio (CNT), presentino un elevato grado di tossicità in quasi tutte le loro forme, con effetti che includono mutagenesi, morte cellulare (apoptosi), rilascio di radicali liberi e tossicità polmonare.

Inoltre, è stato osservato che il grafene (G), l’ossido di grafene (GO) e altri derivati, inclusi i nanotubi di carbonio (CNT), presentano proprietà tossiche significative in quasi tutte le loro forme, con possibili conseguenze che includono mutagenesi, morte cellulare (apoptosi), rilascio di radicali liberi, tossicità polmonare, polmonite, genotossicità o danni al DNA, infiammazione, immunosoppressione, danni ai sistemi nervoso, circolatorio, endocrino, riproduttivo e urinario.

Questi effetti possono potenzialmente causare morte anafilattica e disfunzione multiorgano, come già dimostrato in diverse occasioni.

In secondo luogo, il grafene è un nanomateriale radiomodulabile, in grado di assorbire onde elettromagnetiche e moltiplicarne le radiazioni, agendo come una nano-antenna, o un ripetitore di segnale (Chen, Y.; Fu, X.; Liu, L.; Zhang, Y.; Cao, L.; Yuan, D.; Liu, P. 2019).

L’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche può causare l’esfoliazione del materiale in particelle più piccole (Lu, J .; Yeo, PSE; Gan, CK; Wu, P .; Loh, KP 2011), chiamate punti quantici di grafene o GQDs (Graphene Quantum Dots), le cui proprietà e peculiarità fisiche sono potenziate grazie alla loro scala ancora più piccola, grazie all’effetto “Quantum Hall“, poiché agiscono amplificando i segnali elettromagnetici (Massicotte, M.; Yu, V.; Whiteway, E.; Vatnik, D.; Hilke, M. 2013 | Zhang, X.; Zhou, Q.; Yuan, M. ; Liao, B.; Wu, X.; Ying, M. 2020), e di conseguenza la distanza di emissione, soprattutto in ambienti come il corpo umano (Chopra, N.; Phipott, M.; Alomany, A . ; Abbasi , QH; Qaraqe, K .; Shubair, RM 2016).

I GQD presentano la capacità di acquisire diverse morfologie, tra cui forme esagonali, triangolari, circolari o poligonali irregolari (Tian, P.; Tang, L.; Teng, K. S.; Lau, S. P., 2018).

La combinazione di proprietà superconduttive e trasduttive rende il grafene un materiale particolarmente adatto per la realizzazione di reti di nanocomunicazione wireless in grado di interagire con il corpo umano.

Questo approccio è stato oggetto di approfonditi studi da parte della comunità scientifica, che ha analizzato i protocolli e le specifiche disponibili, nonché i sistemi di instradamento per i pacchetti di dati che genererebbero nano-dispositivi e nano-nodi all’interno del corpo umano, in un complesso sistema chiamato CORONA, il cui obiettivo è l’efficace trasmissione di segnali e dati in rete, ottimizzando il consumo energetico (il minimo possibile) e riducendo gli errori nella trasmissione dei pacchetti di dati (Bouchedjera, IA; Aliouat, Z.Louail L. (2020) | Bouchedjera, IA; Louail, L.; Aliouat, Z.; Harous, S. (2020) | Tsioliaridou, A.; Liaskos, C.; Ioannidis, S.; Pitsillides, A. (2015).

In tale rete di nanocomunicazioni viene impiegato un segnale denominato TS-OOK (Time-Spread On-Off Keying), che consente la trasmissione di codici binari 0 e 1 mediante brevi impulsi che implicano l’attivazione e la disattivazione del segnale in intervalli di tempo estremamente ridotti, inferiori a pochi femtosecondi (Zhang, R.; Yang, K.; Abbasi, QH; Qaraqe, KA; Alomania, A. 2017 | Vavouris, AK; Dervisi, FD; Papanikolaou, VK; Karagiannidis, GK 2018).

A causa della complessità delle nanocomunicazioni nel corpo umano, dove i nano-nodi della rete sono distribuiti in tutto l’organismo, in molti casi in movimento a causa del flusso sanguigno, e in altri attaccati all’endotelio delle arterie e dei capillari o nei tessuti di altri organi, i ricercatori hanno richiesto lo sviluppo di software per la simulazione di tali condizioni, al fine di verificare e validare i protocolli di nanocomunicazione sviluppati (Dhoutaut, D.; Arrabal, T.; Dedu, E. 2018).

D’altra parte, la rete di nanocomunicazione orientata al corpo umano (Balghusoon, AO; Mahfoudh, S. 2020) è stata meticolosamente progettata nei suoi aspetti topologici, prevedendo componenti specializzati in tale compito.

A titolo esemplificativo, la nanocomunicazione elettromagnetica è costituita, a livello elementare, da nano-nodi, ovvero dispositivi presumibilmente realizzati in grafene, nanotubi di carbonio, GQD e altri materiali, capaci di interagire come nanosensori, attuatori piezoelettrici o comunque come nano-antenne, che propagano i segnali al resto dei nano-nodi.

I nano-nodi rappresentano il progresso successivo nella topologia, grazie all’impiego dei nano-router, noti anche come nano-controllori.

La loro funzione principale è quella di ricevere i segnali emessi dai nano-nodi, processarli e successivamente inviarli alle nano-interfacce, le quali provvederanno a veicolare tali segnali verso l’esterno del corpo umano, garantendo la necessaria frequenza e gamma, al fine di superare la barriera cutanea senza compromettere la chiarezza del segnale.

Questo processo è fondamentale per assicurare che il segnale possa essere ricevuto da un dispositivo mobile a una distanza relativamente prossima, solitamente pochi metri.

Il dispositivo mobile in questione può essere uno smartphone o un altro dispositivo dotato di una connessione Internet, che funge da “Gateway“.

La topologia stabilisce altresì la possibilità che l’intera infrastruttura di nano-nodo, nanorouter e nano-interfaccia venga unificata in un unico nano-dispositivo, denominato polo o metamateriale definito dal software SDM (Lee, SJ; Jung, C.; Choi, K.; Kim, S., 2015).

Questo modello semplifica la topologia, ma aumenta le dimensioni del dispositivo e la complessità della sua costruzione, concepita in diversi strati di grafene.

In ogni caso, a prescindere dalla topologia, i nanorouter si rivelano indispensabili per la corretta instradatura e decodifica dei segnali, sia per la trasmissione che per la ricezione, in quanto possono essere progettati per un servizio bidirezionale, inteso come la capacità di ricevere segnali di comando operativi che interagiscono con gli elementi della rete.

Alla nanocomunicazione elettromagnetica deve essere aggiunta la nanocomunicazione molecolare, esaminata nella voce sui nanotubi di carbonio e nelle nuove evidenze nei campioni del cosiddetto “vaccino“.

In entrambi gli studi vengono esaminate le implicazioni di tali oggetti nel campo delle neuroscienze, della neuromodulazione e della neurostimolazione, poiché, se presenti nel tessuto neuronale (cosa altamente probabile, data la loro capacità di superare la barriera emato-encefalica), possono stabilire connessioni che collegano la sinapsi neuronale.

Questo implica che tali dispositivi possano stabilire connessioni tra i neuroni attraverso percorsi alternativi e più efficienti rispetto agli assoni naturali (Fabbro, A.; Cellot, G.; Prato, M.; Ballerini, L., 2011).

Sebbene tale scoperta possa trovare impiego nei trattamenti sperimentali volti a mitigare gli effetti delle malattie neurodegenerative, è possibile utilizzarlo anche per interferire direttamente con i neuroni, la secrezione di neurotrasmettitori come la dopamina, l’attivazione involontaria di alcune aree del cervello, la loro neurostimolazione o modulazione, attraverso impulsi elettrici generati da nanotubi di carbonio (Suzuki, J.Budiman, H., Carr, T.A., DeBlois, J.H., 2013) | Balasubramaniam, S., Boyle, N.T., Della-Chiesa, A., Walsh, F., Mardinoglu, A., Botvich, D., Prina-Mello, A., 2011), come risultato della ricezione di segnali e impulsi elettromagnetici dalla rete di nanocomunicazione (Akyildiz, I.F., Jornet, J.M., 2010).

È evidente che comprendere il significato di un segnale esterno, non controllato dal soggetto “inoculato“, che governa la secrezione di neurotrasmettitori, è fondamentale.

Ad esempio, i nanotubi di carbonio presenti nel tessuto neuronale potrebbero interferire con la secrezione naturale di neurotrasmettitori come la dopamina, che svolge un ruolo cruciale in vari processi cognitivi, tra cui la socializzazione, il sistema di ricompensa, il desiderio, il piacere, l’apprendimento condizionato e l’inibizione (Beyene, AG; Delevich, K..; Del Bonis-O’Donnell, JT; Piekarski, DJ; Lin, WC; Thomas, AW; Landry, MP, 2019 | Sun, F .; Zhou, J .; Dai, B .; Qian, T .; Zeng, J .; Li, X .; Li, Y., 2020 | Sun, F .; Zeng, J .; Jing, M .; Zhou, J .; Feng, J .Patriarchi, T.; Mohebi, A.; Sun, J.; Marley, A.; Liang, R.; Dong, C.; Tian, L., 2020 | Patriarchi, T.; Cho, JR.; Merten, K.; Howe, MW.; Marley, A.; Xiong, WH.; Tian, L., 2018).

Questo implica che è possibile inferire nei modelli comportamentali, emotivi e cognitivi convenzionali delle persone, e persino indurre un apprendimento condizionato subliminale, senza che l’individuo sia consapevole di ciò che sta accadendo.

Oltre alle proprietà menzionate, i nanotubi di carbonio non solo consentono l’interazione wireless nel cervello umano, ma possono anche ricevere segnali elettrici dai neuroni e propagarli ai nanorouter, poiché presentano le stesse proprietà delle nano-antenne di grafene GQD e dei punti quantici di grafene, come illustrato in (Demoustier, S.; Minoux, E.; Le Baillif, M.; Carlo, M.; Ziaei, A. 2008 | Wang, Y.; Wu, Q.; Shi, W.; He, X.; Sun, X.; Gui, T. 2008 | Da-Costa, MR; Kibis, OV; Portnoi, ME 2009).

Questo implica che possono trasmettere e monitorare l’attività neuronale degli individui.

Per garantire che i pacchetti di dati emessi e ricevuti dalla rete di nanocomunicazioni raggiungano la loro destinazione, è fondamentale che il protocollo di comunicazione implementi un sistema di identificazione univoca dei nanodispositivi (attraverso il MAC) e che trasmetta le informazioni a un indirizzo IP.

In questa prospettiva, il corpo umano può essere considerato come un server IoNT (Internet of NanoThings), in cui il modello di comunicazione client/server trova una sua applicazione.

Rimangono da determinare i meccanismi, i comandi o i tipi di richiesta, così come l’esatta frequenza e il tipo di segnale che consente la rete di nanocomunicazioni senza fili che sarebbe installata su ogni “vaccino“, sebbene tale informazione debba assolutamente rimanere confidenziale, in considerazione delle potenziali conseguenze di un biohacking (Vassiliou, V. 2011).

In particolare, lo studio di Al-Turjman (2020) esplora le sfide e le implicazioni relative alla sicurezza delle reti di nanocomunicazione associate al 5G, con un focus su riservatezza, autenticazione, privacy, fiducia e intrusioni.

Inoltre, presenta una sintesi del funzionamento della comunicazione elettromagnetica tra nano-nodi, nano-sensori e nano-router, utilizzando antenne e ricetrasmettitori in grafene per la connessione con server di dati, con l’obiettivo di sviluppare progetti Big-data.

È opportuno evidenziare che i rischi di hacking di rete presentano notevoli somiglianze con quelli che possono essere perpetrati in qualsiasi rete connessa a Internet (attacco masquerade, localizzazione, trappole informative, denial of service, dirottamento di nanodispositivi, wormhole, attacco intermediario MITM, malware, spam, sybil, spoofing, attacco di illusione di neurostimolazione), il che implica un rischio potenziale ed aggiuntivo estremamente serio per tutte le persone già inoculate dai cosiddetti “vaccini” contenenti tale hardware di rete di nanocomunicazioni.

In tale ambito, è stata rilevata la presenza di circuiti nei campioni di nanorouter in alcuni esempi di “vaccino” Pfizer.

Questo ritrovamento rappresenta un elemento cruciale per le ricerche condotte, confermando l’installazione di un dispositivo hardware all’interno dei soggetti “vaccinati” senza il loro consenso informato.

Tale dispositivo sembra svolgere funzioni di raccolta e interazione al di fuori del loro controllo diretto.

Nanorouter QCA

Il circuito individuato in questo studio, come illustrato in figura 3, corrisponde al campo degli automi cellulari a punti quantici, noti anche come QCA (Quantum Cellular Automata), che presentano una scala nanometrica e un consumo energetico estremamente ridotto, costituendo un’alternativa alla sostituzione della tecnologia basata su transistor.

Questa definizione è stata formulata nel lavoro di Sardinha et al. (2013), dal quale è stato estratto lo schema del circuito in esame.

Il nanorouter menzionato dai ricercatori è caratterizzato da un consumo energetico estremamente basso, una velocità di elaborazione elevata (con un clock di frequenza che opera in un intervallo di 1-2 THz) e da requisiti di potenza e trasferimento dati adeguati per le reti di nanocomunicazione per il corpo umano, come descritto da (Pierobon, M.; Jornet, JM; Akkari, N.; Almasri, S.; Akyildiz, IF, 2014).


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Fig 3. : Circuito a punti quantici in grafene nelle celle QCA. Schema circuitale di (Sardinha, LH; Costa, AM; Neto, OPV; Vieira, LF; Vieira, MA 2013) osservato in un campione del cosiddetto “vaccino” Pfizer.

Secondo le spiegazioni fornite nel lavoro di Sardinha, LH; Costa, AM; Neto, OPV; Vieira, LF; Vieira, MA (2013), si distingue il concetto di punto quantico e cella quantistica, come illustrato in figura 4.

La cella QCA è costituita da quattro punti quantici la cui polarizzazione è variabile.
Questo consente di distinguere il codice binario 0 e 1 in base alla carica positiva o negativa dei punti quantici.

Gli autori illustrano tale concetto come segue : “Le unità di base dei circuiti QCA sono celle costituite da punti quantici.
In tale contesto, un punto rappresenta una regione in cui una carica elettrica può essere localizzata o meno.

Una cella QCA è costituita da quattro punti quantici situati negli angoli.
Ogni cella è caratterizzata dalla presenza di due elettroni liberi in movimento, capaci di creare tunnel tra i punti quantici.
Si presume che il tunneling verso l’esterno della cella non sia consentito a causa di un’elevata barriera ad alto potenziale“.

L’analisi dei punti quantici di grafene, noti come GQDs, identificati nei campioni di sangue (a causa della fluorescenza emessa), suggerisce che una cella QCA richieda quattro GQDs per la sua formazione, risultando in una perfetta compatibilità con la descrizione fornita dai ricercatori (Wang, ZF; Liu, F. 2011) nel loro lavoro intitolato “Graphene quantum dots as building blocks for quantum cellular automata“, dove viene confermato l’impiego del grafene per la costruzione di questo tipo di circuito.


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Fig.4. : Schema di una cella QCA composta da quattro punti quantici (che possono essere di grafene, tra gli altri materiali). Si noti la grande somiglianza con i memristori, infatti QCA e memristors sono transistor. (Sardinha, LH; Costa, AM; Neto, OPV; Vieira, LF; Vieira, MA 2013 | Strukov, DB; Snider, GS; Stewart, DR; Williams, RS 2009)

La combinazione di tali celle dà luogo alla formazione di fili e circuiti, con una vasta gamma di forme, schemi e applicazioni, come evidenziato dalla Figura 5, che illustra inverter, crossover e porte logiche, argomenti già trattati in precedenza da altri autori, come evidenziato in Xia, Y. e Qiu, K. (2008).

Questo processo dà origine a strutture più complesse, che consentono di riprodurre gli schemi elettronici dei transistor, dei processori, dei ricetrasmettitori, dei multiplexer e dei demultiplexer, e quindi di qualsiasi router.


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Fig 5. : I QCA possono formare vari tipi di circuiti, ad esempio porte logiche, cavi incrociati, inverter o cavi. (Sardinha, LH; Costa, AM; Neto, OPV; Vieira, LF; Vieira, MA 2013)

È fondamentale comprendere che i circuiti costituiti da celle QCA possono operare in vari strati sovrapposti, consentendo la realizzazione di una struttura tridimensionale (3D) per sviluppare un’elettronica notevolmente più complessa e compatta, come illustrato nella figura 6.


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Fig.6.: Secondo (Sardinha, LH; Costa, AM; Neto, OPV; Vieira, LF; Vieira, MA 2013) si possono realizzare circuiti più complessi annettendo più strati sovrapposti. Questo è identificato dal simbolo di un cerchio nel disegno. Sono inoltre presenti tre illustrazioni artistiche che rappresentano vari livelli di circuiti (elaborazione propria).

Per sviluppare un nanorouter, secondo i ricercatori (Sardinha, L.H.; Costa, A.M.; Neto, O.P.V.; Vieira, L.F.; Vieira, M.A., 2013), è necessario disporre di diverse strutture circuitali, ovvero incroci di fili (che formano porte logiche), demultiplexer (demux) e convertitori parallelo-serie, come mostrato in figura X.

I demux rappresentano dispositivi elettronici in grado di ricevere un segnale all’ingresso QCA e di inviarlo a una delle diverse linee di uscita disponibili, permettendo al segnale di essere instradato per un’ulteriore elaborazione.

Il convertitore parallelo-seriale è un circuito che consente l’ingresso di diverse serie di dati, la loro trasmissione su fili QCA e la successiva trasmissione sui fili di uscita in tempi differenziati.
Questo componente è stato osservato nei campioni del cosiddetto “vaccino” Pfizer, come evidenziato nella figura 7.


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Fig 7. : Dettagli del circuito per convertire i segnali TS-OOK in serie ad un’uscita parallela, confermando uno dei compiti tipici di un router. (Sardinha, LH; Costa, AM; Neto, OPV; Vieira, LF; Vieira, MA 2013)

Un ulteriore aspetto significativo del lavoro di Sardinha et al. (2013) riguarda la dimostrazione del funzionamento del circuito, come illustrato nella figura 8.
Questo circuito comprende la ricezione di un segnale TS-OOK e la sua conversione in codice binario.

Una volta ottenuto il codice binario, il circuito “demux” si occupa della generazione dei pacchetti dati, secondo la struttura del corrispondente protocollo di comunicazione.


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Fig 8. : I test del circuito demux, già osservati in figura 7, forniscono la prova di come i segnali TS-OOK vengono interpretati e convertiti in codice binario, per generare infine i pacchetti dati del corrispondente protocollo di nanocomunicazioni. (Sardinha, LH; Costa, AM; Neto, OPV; Vieira, LF; Vieira, MA 2013)

Tutte le osservazioni riportate in (Sardinha, LH; Costa, AM; Neto, OPV; Vieira, LF; Vieira, MA 2013) trovano conferma anche in (Das, B.; Das, JC; De, D.; Paul, AK 2017), dove si evidenziano disegni di circuiti QCA per demux e nanorouter, con schemi che mostrano una notevole somiglianza con quelli già presentati in precedenza.

Questo conferma la ricerca di soluzioni al problema della semplice trasmissione ed elaborazione di segnali e dati su scala nanometrica, al fine di rendere efficaci le reti di nanocomunicazione.

Inoltre, sebbene la natura, le caratteristiche e le proprietà dei circuiti delle celle QCA possano già fornire una comprensione preliminare, è fondamentale sottolineare il concetto di velocità di clock.

È degno di nota il fatto che questi componenti elettronici siano in grado di operare in modo quasi autonomo, senza la necessità di un processore dedicato.

Questo perché i fili delle celle QCA sono in grado di misurare il tempo di trasferimento dei segnali tra le diverse celle, nelle cosiddette “zone di clock“.
Tale capacità è evidenziata dalle figure 9, 10 e 11 e confermata dalle ricerche di Sadeghi et al. (2020), Laajimi et al. (2018), Reis et al. (2016) e Mohammadyan et al. (2015).

Tale effetto consente la trasmissione di segnali all’interno del circuito, oltre alla generazione di una frequenza di clock, ovvero la velocità di elaborazione del dispositivo.

L’accoppiamento di tale effetto con l’impiego di materiali superconduttori, quali il grafene e, in particolare, i punti quantici di grafene, consente di ottenere velocità di elaborazione estremamente elevate.


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Fig 9.: Il nanorouter non richiede un processore indipendente, perché le celle QCA organizzate nei cavi del circuito svolgono già questa funzione a causa delle proprietà superconduttive e di polarizzazione dei punti quantici, che consente di dedurre una velocità di clock per fasi o zone fisiche del circuito. (Sardinha, LH; Costa, AM; Neto, OPV; Vieira, LF; Vieira, MA 2013 | Sadeghi, M .; Navi, K .; Dolatshahi, M. 2020)

Autoassemblaggio del circuito

Nonostante possa apparire come un’eventualità irrealizzabile, l’auto-assemblaggio dei circuiti rappresenta una possibilità da considerare nell’ipotesi appena delineata.

Secondo Huang et al. (2007), “i recenti sviluppi nella produzione di QCA (che coinvolgono implementazioni molecolari) hanno sostanzialmente modificato la natura dell’elaborazione.

A dimensioni molto ridotte, si prevede l’autoassemblaggio o la deposizione cellulare su larga scala su substrati isolati.
In queste implementazioni, le celle QCA (ciascuna composta da due dipoli) sono disposte in binari paralleli a forma di V.

Le celle QCA sono disposte in uno schema denso e il calcolo avviene tra celle adiacenti.
Queste tecniche di fabbricazione sono adatte per l’implementazione molecolare“.

Tuttavia, esistono anche altri metodi, come i nanopattern di DNA (Hu, W.; Sarveswaran, K.; Lieberman, M.; Bernstein, GH 2005), che creano un modello per l’allineamento dei punti quantici di grafene, formando le celle QCA e generando così il circuito di cui sopra, come mostrato in figura 10.


Nanorouters nei cosiddetti vaccini
Fig 10. : Autoassemblaggio di un circuito con punti quantici da un pattern di DNA. Le linee dei cavi del circuito sono molto simili a quelle osservate nel campione del vaccino, vedi figura 2 e 3. (Hu, W.; Sarveswaran, K.; Lieberman, M.; Bernstein, GH 2005)

Secondo Hu, W., Sarveswaran, K., Lieberman, M. e Bernstein, G.H. (2005), “le zattere di DNA a quattro file sono state sintetizzate con successo e caratterizzate mediante elettroforesi su gel, come già ampiamente dimostrato in lavori precedenti” (Hu, W., Sarveswaran, K., Lieberman, M. e Bernstein, G.H., 2004).

Questo risultato è in linea con l’ipotesi che un gel/idrogel sia presente nella composizione del cosiddetto “vaccino“, come evidenziato dall’analisi micro-Raman del Dr. Campra (2021), che ha rilevato picchi con valori prossimi a 1450, potenzialmente corrispondenti a PVA, PQT-12, poliolefina, poliacrilammide o polipirrolo, tutti componenti riconosciuti nella literatura scientifica come gel e derivati.

D’altra parte, si fa esplicito riferimento al metodo dell’elettroforesi, ovvero al processo di polarizzazione elettrica che provoca la teslaforesi, su nanotubi di carbonio, grafene, punti quantici e altri semiconduttori, come descritto da Bornhoeft et al. (2016) nella loro ricerca.

La presente indagine confermerebbe il ruolo chiave della teslaforesi nella composizione del circuito, insieme al DNA patterning.

In caso di conferma di tale ipotesi, si potrebbe dedurre che i circuiti siano in grado di auto-assemblarsi in presenza di campi elettrici o in risposta a onde elettromagnetiche (microonde EM).

Inoltre, lo studio di (Pillers, M.; Goss, V.; Lieberman, M. 2014) ha confermato la costruzione di nanostrutture e CQA utilizzando grafene, ossido di grafene (GO), elettroforesi e gel, provocando una deposizione controllata nelle zone indicate dal pattern del DNA, riproducendo risultati simili a quelli presentati nello studio di Hu e Sarveswaran.

Questo dimostrerebbe la fattibilità della creazione dei circuiti elettronici già citati, come mostrato in figura 11.


Nanorouters nei cosiddetti vaccini
Fig 11. : I progressi nel campo dell’autoassemblaggio di punti quantici e cellule QCA possono essere osservati nella letteratura scientifica utilizzando il metodo del modello del DNA per contrassegnare l’ordine di costruzione e l’elettroforesi per avviare o innescare il processo nei materiali della soluzione. (Pillers, M.; Goss, V.; Lieberman, M. 2014)

Nanoemettitori plasmonici

Un’ulteriore questione che necessita di chiarimenti riguarda la localizzazione dei circuiti nanorouter nei campioni dei cosiddetti “vaccini“, la cui posizione sembra essere all’interno di un cristallo di forma quadrangolare.

Sebbene possa essere considerata una forma casuale, la revisione della literatura scientifica rivela e giustifica la presenza di tali forme, che fungono da quadro di riferimento per questi circuiti.

Tali circuiti sono denominati “nanoemettitori plasmonici“, che corrispondono a nanoantenne (monocristalline) di forma cubica, con dimensioni che variano sulla scala nano-micrometrica, capaci di emettere, ricevere o ripetere segnali.

Questa funzionalità è resa possibile dalla proprietà di attivazione plasmonica della superficie del cubo, che viene eccitata localmente per generare un segnale oscillatorio, come illustrato in (Ge, D.; Marguet, S.; Issa, A.; Jradi, S.; Nguyen, TH; Nahra, M.; Bachelot, R. 2020), cfr. figura 12.

Questo è coerente con il tipo di segnali TS-OOK, che vengono trasmessi attraverso la rete di nanocomunicazione intra-corpo, in quanto prerequisito per un nano-router che deve essere in grado di catturarli.

In altre parole, il cubo cristallino funge da ricetrasmettitore per il nanorouter, grazie alle sue proprietà speciali, derivate dalla fisica del plasmone.

Questa ipotesi trova conferma nella consultazione della bibliografia scientifica sulle nanoreti elettromagnetiche per il corpo umano (Balghusoon, AO; Mahfoudh, S. 2020), sui protocolli MAC applicati a questo ambito (Jornet, JM; Pujol, JC; Pareta, JS 2012) e sui metodi di debugging degli errori nei segnali (Jornet, JM; Pierobon, M.; Akyildiz, IF 2008), la modulazione di impulsi a femtosecondi nella banda dei terahertz per reti di nanocomunicazione (Jornet, JM; Akyildiz, IF 2014), la parametrizzazione di nano-reti per il loro funzionamento perpetuo (Yao, XW; Wang, WL; Yang, SH 2015), ed infine le prestazioni nella modulazione di segnali wireless per nano-reti (Zarepour, E.; Hassan, M.; Chou, CT; Bayat, S. 2015).

In tutte queste situazioni, l’impiego di nanoricetrasmettitori si rende indispensabile per la ricezione o l’emissione di un segnale TS-OOK.


Nanorouters nei cosiddetti vaccini
Fig 12. : I cristalli a scala nanomicrometrica possono svolgere il ruolo di antenna o ricetrasmettitore, il che fa immaginare che trovare il circuito in una struttura quadrangolare non sia frutto del caso. (Ge, D .; Marguet, S .; Issa, A .; Jradi, S .; Nguyen, TH; Nahra, M .; Bachelot, R. 2020)

I nanoemettitori plasmonici possono assumere forme geometriche diverse, inclusa quella cubica, come osservato nei campioni dei cosiddetti “vaccini“, ma anche sferica e discoidale.
Questi dispositivi sono in grado di auto-assemblarsi per formare nano-microstrutture di dimensioni maggiori (Devaraj, V.; Lee, JM; Kim, YJ; Jeong, H.; Oh, JW 2021).

Tra i materiali con cui potrebbe essere prodotto questo nano-emettitore plasmonico ci sono l’oro, l’argento, le perovskiti e il grafene, come mostrato negli studi di (Oh, DK; Jeong, H.; Kim, J.; Kim, Y.; Kim, I.; Ok, JG; Rho, J. 2021 | Hamedi, HR; Paspalakis, E. ; Yannopapas, V. 2021 | Gritsienko, AV; Kurochkin, NS; Lega, PV; Orlov, AP; Ilin, AS; Eliseev, SP; Vitukhnovsky, AG 2021 | Pierini, S. 2021), sebbene sia probabile che se ne possano utilizzare molti altri.

Memoria CAM e TCAM per MAC e IP

La presenza di nanorouter nei cosiddetti “vaccini” potrebbe confermare l’ipotesi dell’esistenza di uno o più indirizzi MAC (fissi o dinamici) che potrebbero essere trasmessi dalle cosiddette persone “vaccinate” o attraverso qualche altro dispositivo intermediario (ad esempio un telefono cellulare).

Questo approccio è in linea con quanto già esposto e sottolineato in questa pubblicazione, nonché con le principali pubblicazioni scientifiche riguardanti le reti di nanocomunicazione per il corpo umano.

Secondo Abadal et al. (2017), questi indirizzi MAC consentono alla nanorete di trasmettere e ricevere dati, poiché l’individuo possiede un identificatore univoco che gli consente di accedere al mezzo, cioè ad Internet.

In tal modo, il nano-router è in grado di ricevere i segnali corrispondenti ai dati dai nano-sensori e nano-nodi della nano-rete al fine di trasmetterli all’esterno del corpo, a condizione che vi sia un dispositivo mobile nelle vicinanze che funzioni da gateway per Internet.

Pertanto, l’ipotesi che gli indirizzi MAC delle cosiddette persone “vaccinate” possano essere rilevati (per mezzo di applicazioni di tracciamento del segnale Bluetooth) durante le interazioni con il dispositivo mobile che funge da gateway è pienamente confermata.

Tale fenomeno non implica necessariamente una comunicazione costante, ma piuttosto la necessità di ottimizzare il consumo energetico (Mohrehkesh, S. e Weigle, MC, 2014; Mohrehkesh, S. e Weigle, MC, Das, SK, 2015).

Tale necessità potrebbe giustificare l’intermittenza delle comunicazioni e la presenza di periodi di connessione e inattività.

La novità nel campo dell’indirizzamento MAC, legato ai circuiti QCA, che consente lo sviluppo di nanorouter, è la possibilità di creare anche circuiti di memoria.

Gli stessi ricercatori (Sardinha, LH; Silva, DS; Vieira, MA; Vieira, LF; Neto, OPV 2015) hanno sviluppato un nuovo tipo di memoria CAM che, a differenza della memoria ad accesso casuale (RAM), restituisce i dati che sono memorizzati nell’indirizzo di memoria.

A differenza della RAM, il CAM riceve i dati come input e restituisce le informazioni relative alla loro localizzazione.
La CAM risulta utile per molteplici applicazioni che richiedono ricerche veloci, quali le trasformazioni di Hought, la codifica di Huffman, la compressione Lempel-Ziv e gli switch di rete per la mappatura di indirizzi MAC su indirizzi IP e viceversa.

Inoltre, CAM risulta particolarmente utile per la creazione di tabelle che cercano corrispondenze esatte, come le tabelle di indirizzi MAC.

La presente dichiarazione è stata estratta e riprodotta testualmente al fine di evidenziare che i circuiti QCA rappresentano la soluzione per l’archiviazione e la gestione degli indirizzi MAC nella trasmissione dei dati nelle nano-reti, confermando che i cosiddetti “vaccini” sono, tra l’altro, un mezzo per installare hardware per il controllo, la modulazione e il monitoraggio delle persone.


Nanorouters nei cosiddetti vaccini
Fig. 13. : Circuiti di memoria per la memorizzazione di indirizzi MAC e IP realizzati con la stessa tecnologia QCA del nanorouter osservata nei campioni del cosiddetto “vaccino” Pfizer. (Sardinha, LH; Silva, DS; Vieira, MA; Vieira, LF; Neto, OPV 2015)

Inoltre, (Sardinha, LH; Silva, DS; Vieira, MA; Vieira, LF; Neto, OPV 2015) hanno sviluppato anche la memoria TCAM, un tipo speciale di memoria CAM che risulta utile per “creare tabelle per cercare più corrispondenze, come le tabelle di routing IP organizzate per prefissi IP.
Per ridurre la latenza e velocizzare la comunicazione, i router utilizzano TCAM“.

Questa affermazione concerne esplicitamente l’impiego di tale tecnologia nei nano-router, al fine di veicolare i dati ottenuti dalla nanorete verso un server destinatario specifico, accessibile su Internet.
In altre parole, i dati raccolti dalla nanorete dovrebbero essere archiviati/registrati in una banca dati, della quale il soggetto definito impropriamente “vaccinato” non avrebbe avuto conoscenza, non essendo stato informato, e in cui non si sappia quali informazioni vengono utilizzate.

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