Reprimere la libertà di parola è l’obiettivo della “nuova” guerra fra Hamas e Israele

Ottobre 13, 2023 Il Great Reset del WEF, Totalitarismo

Non è difficile capire a cosa porta tutto questo.

Veronica Baker


Reprimere la libertà di parola è l’obiettivo della “nuova” guerra fra Hamas e Israele

Reprimere la libertà di parola
La “propaganda delle atrocità” non è certo una novità…

Mentre sono in corso i preparativi per dare il via a una nuova narrazione di guerra, sono già in atto degli sforzi per trasformare il conflitto in “controlli più severi” sulla libertà di parola e di espressione, sia a livello personale che su Internet.

Dopo l’attacco “a sorpresa” di sabato scorso, i titoli dei giornali non hanno fatto altro che parlare di Israele ed Hamas, con il prevedibile tira e molla di rimostranze storiche ed accuse reciproche di razzismo, punteggiate da affermazioni di atrocità da ambo le parti completamente prive di fondamento.

La “propaganda delle atrocità” non è certo una novità.
È lo slogan di apertura di ogni guerra, quando i contendenti provano in ogni modo a convincere l’opinione pubblica a schierarsi dalla loro parte.

Un esempio è rappresentato dall’affermazione totalmente priva di fondamento secondo cui Hamas avrebbe “gettato quaranta bambini ebrei fuori dalla culla e li avrebbe decapitati“.
Per quanto riguarda la “propaganda delle atrocità“, l’affermazione è sorprendente per la sua mancanza di originalità (Nayirah ?).

Al giorno d’oggi, si sentono spesso dichiarazioni di violenza gratuita e inutile contro persone innocenti che, nella maggior parte dei casi, riescono a sopravvivere giusto il tempo di suscitare un po’ di indignazione prima di essere “smontate” o “ritrattate“.

Tutto questo dipende naturalmente da quella che si potrebbe definire la “nebbia di guerra” (come in Ucraina, d’altra parte), e si aggiunge all’ormai preponderante importanza che hanno i social media.
Quando tante persone possono esprimere la propria opinione, possono essere raccontate molte più cose, sia positive che negative.

Ma è possibile fare anche un’altra interpretazione, molto più sottile : sui social media vengono intenzionalmente diffuse notizie false proprio allo scopo di essere in seguito “smentite“.
L’obiettivo è screditare le piattaforme, per poi giustificare la censura digitale.

Nelle ultime 24 ore, Reuters, NBC, Yahoo News, The Guardian e AP hanno pubblicato articoli che criticano la proliferazione di “false notizie di guerra” sui social media, a cui in seguito si è aggiunta anche Al Jazeera.

Quasi tutte le accuse sono state rivolte esclusivamente a Twitter/X, ormai sempre più spesso preso di mira dai media per la libertà di parola.

Anche i governi occidentali non sono stati certo silenti : pare che l’Unione Europea abbia già “avvertito” Elon Musk che sono previste “sanzioni” nei confronti di Twitter/X per la divulgazione di “disinformazione” riguardo alla “guerra“.

Ovviamente, non poteva mancare il termine “odio” vicino a “disinformazione“.
Con un titolo insolitamente sottile, NBC News mette in guardia dalla “natura sempre più inquietante della narrazione diffusa su Internet“.
USA Today è più diretto, affermando che “l’odio online” sta “aumentando“.

E poi ci sono i siti “non regolamentati“, dove i “terroristi” avrebbero caricato video violenti, almeno stando a quanto afferma il New York Times.

“Hamas diffonde video violenti sui siti internet non moderati”.

Non è difficile capire a cosa porta tutto questo.

E mentre la “disinformazione” viene usata per giustificare la censura sui social media, la “sicurezza” viene usata per giustificare la progressiva limitazione della libertà di riunione.

Nel Regno Unito e negli Stati Uniti, le manifestazioni pro-palestinesi sono state accolte con richieste di intervento della polizia, in quanto si è fatto riferimento a leggi che vietano di dare sostegno pubblico alle “organizzazioni terroristiche classificate“.

Il ministro degli Interni britannico Suella Braverman ha detto alla polizia che “sventolare una bandiera palestinese potrebbe essere considerato un reato“.

In Francia la polizia è già stata coinvolta più direttamente, chiudendo una manifestazione a favore della Palestina.



…e la gente ha applaudito.
Molte di queste persone erano le stesse che solo pochi mesi fa inveivano contro i lockdown.

In breve, la “guerra” è iniziata solo sei giorni fa, ma può già essere utilizzata per reprimere qualunque forma di dissenso pubblico e limitare la libertà di parola su Internet.

In poche parole, si va sempre nella stessa direzione.


Le pagine della vergogna