Agosto 19, 2009 EcoAnemia
Ricordi di un agente finanziario
Ricevo e pubblico volentieri quest’articolo scritto da Camelot, che racconta la sua esperienza come consulente finanziario verso la metà degli anni ’80.
E’ interessante notare che da allora nell’ambiente purtroppo nulla è cambiato (se non, forse, in peggio).
Volevo intervenire a proposito dell’interessante articolo intitolato: “Prostituzione finanziaria”, dove si parlava dell’attività dei consulenti/agenti finanziari, o promotori finanziari che dir si voglia.
Io ero uno di loro, anche se ormai parliamo di ben 23 anni fa, il 1986, e per fortuna la mia attività si limitò a soli 4 mesi, dal settembre al dicembre 1986.
Vorrei raccontare la mia esperienza proprio per mettere in guardia chi ha a che fare con certi personaggi, e per essere estremamente razionali e prudenti quando investite il vs. denaro.
Smisi perché capii che buona parte dei prodotti della società per cui lavoravo erano una fregatura, per me e i malcapitati che avrebbero potuto divenire miei clienti, e rischiavano seriamente di perdere i loro risparmi, pochi o tanti che fossero.
Veronica ha portato l’esempio di un gruppo – Mediolanum di Ennio Doris – che esisteva già nel 1986 (c’era Programma Italia che era specializzata nella vendita di servizi finanziari), insieme ad altri come Dival (gruppo Ras), o Fideuram, che bene o male rappresentavano (e rappresentano anche oggi) la quota prevalente del mercato.
Purtroppo io scelsi il gruppo peggiore : Eurogest, anche se era quotato in Borsa e apparentemente era solido ed affidabile.
Eurogest – che poi a fine anni ’80 fallì trascinando circa 20.000 risparmiatori – era considerato il gruppo finanziario all’avanguardia nel settore dei titoli “atipici”, in particolare quelli del settore immobiliare.
Al vertice di Eurogest c’era Paolo Federici, un passato nella gestione finanziaria della Fiat, solide entrature in ambienti vaticani (IOR) e democristiani, e considerato uno dei “maghi dell’atipico”.
Io all’epoca ero da poco laureato, e si era nel pieno del “boom” della finanza, in epoca pre-tangentopoli della “Milano da bere”, quella degli affari pompati dalle mazzette e della politica corrotta.
Oggi si è nell’epoca post-tangentopoli, quella degli affari pompati dalle mazzette e della politica corrotta.
Come vedete è davvero cambiato tutto.
C’è da dire che in effetti, in quel periodo, dalla fine del 1983 alla fine del 1987, ci fu una notevole crescita economica, e uno sviluppo consistente della finanza, e degli investimenti finanziari dei privati.
(Veronica : la vera bolla in Italia era scoppiata nel ’86 ,quando dopo un 20% dell’indice Comit nel 1984, un +100% nel 1985 ed un +100% ulteriore nei primi sei mesi del 1986 – si era passati in due anni e mezzo da 200 a 900 di Comit con quotazioni di singoli titoli mai più raggiunte in futuro, come le Generali – titolo a 100.000£, quindi intorno ai 50€ di oggi, valore mai raggiunto nemmeno nella altrettanto celeberrima bolla del 2000).
Chiunque investiva in Borsa, anche sui treni sentivate gente che parlava di rendimenti di CCT o BTP, o di azioni che aveva comprato e venduto, e proliferavano le aziende e le attività professionali legate alla finanza.
Sembrava che il giocattolo non si potesse rompere mai, e invece già nel maggio 1986 ci fu un primo crollo borsistico, e poi nel famoso lunedì nero del 19 ottobre 1987 ci fu l’oramai il celeberrimo crollo , negli USA il Dow Jones perse in un giorno il 22% e le altre Borse seguirono a ruota su scala mondiale.
Ma per tornare a noi – anzi a me – io ero stato selezionato da Eurogest, come agente finanziario, dopo un paio di colloqui in una loro sede di Milano in via Larga.
A differenza del gruppo Doris/Mediolanum – riferito da Veronica – quelli di Eurogest non chiedevano affatto quali guadagni uno immaginava di conseguire.
Invece chiedevano anche loro ai candidati se conoscevano un centinaio di persone.
Come ovvio risposi affermativamente, sia perché era vero, ma anche perché in effetti chiunque può compilare un elenco di almeno cento persone con cui può avere avuto a che fare, poi bisogna vedere a che grado di familiarità arrivano queste conoscenze.
Ai selezionatori Eurogest non importava più di tanto il livello di istruzione e competenza dell’aspirante agente.
A loro andavano bene persone con una certa capacità relazionale, un discreto grado di istruzione, e una certa presenza e cura (giacca e cravatta d’obbligo).
Anche perché – ma lo seppi solo dopo diversi mesi – quando mi reclutarono nel settembre 1986, il gruppo stava già mostrando le prime crepe, quindi avevano bisogno urgente di gente nuova e giovane da mandare nelle case a cercare di vendere i loro prodotti finanziari: fondi d’investimento, gestioni patrimoniali, prodotti assicurativi, conti correnti speciali.
Diciamo che l’inghippo, su cui poi l’intero gruppo naufragò, era nella natura stessa dei prodotti “atipici” in cui investiva il gruppo Federici, che funzionavano come le classiche “catene di Sant’Antonio”, quelle che puntualmente attirano frotte di risparmiatori con la promessa di rendimenti mirabolanti.
Loro erano fissati con l’immobiliare, quindi più o meno il meccanismo era il seguente : gli agenti raccoglievano porta a porta il denaro liquido dei risparmiatori, loro lo investivano in buona parte in varie iniziative immobiliari.
Multiproprietà turistiche a Punta Ala, centri commerciali e direzionali, ecc.
Ai risparmiatori venivano rilasciati titoli, cioè pezzi di carta, che in teoria erano negoziabili e liquidi, ma solo in teoria.
Come osserva giustamente anche la Garzantina dell’economia, alla voce “risparmio”:
” …si sono viste fiorire le iniziative più varie e talvolta aberranti, come, per es. i “fondi immobiliari aperti” che sono una vera e propria contraddizione in termini.
Un fondo comune d’investimento si dice infatti “aperto” quando le sue parti possono essere acquistate o riscattate continuamente, a un prezzo pari al loro valore intrinseco (salvo le eventuali commissioni d’entrata) calcolato e pubblicato giornalmente dai gestori del fondo.
Ma perché ciò sia possibile, è necessario che l’attivo del fondo sia composto di titoli o beni che abbiano un mercato giornaliero, e siano quindi prontamente liquidabili in caso di necessità.
Nel fondo immobiliare invece l’attivo è per sua natura in gran parte immobilizzato, e quindi non ha un mercato giornaliero e non è prontamente liquidabile”.
Quindi, finchè tutto andava bene – come nei periodi di boom ‘83-‘86 – e i risparmiatori in maggioranza portavano denaro fresco, e non disinvestivano, o erano in pochi a disinvestire, allora il gruppo riusciva ancora a dare buoni rendimenti agli investitori, il meccanismo girava e tutto andava bene.
Ma quando c’è crisi, e la gente vuole monetizzare, ecco che allora i risparmiatori faticano a riavere indietro il denaro investito, perché all’inizio si può vendere un titolo quotato in Borsa, ma quando nemmeno la Borsa lo assorbe più, allora bisogna vendere gli immobili del patrimonio, e ci vuole tempo.
E se si diffonde il panico, e le richieste di disinvestimento sono troppe, ecco che non si riesce più a restituire il denaro ai risparmiatori, e c’è il fallimento, o la liquidazione coatta.
Ed è quanto avvenne per Eurogest, che fallì pur avendo investito buona parte del denaro dei suoi risparmiatori in immobili di pregio.
Ma ci furono anche sciagurate manovre politiche, che aggravarono una situazione che forse avrebbe potuto essere sanata.
Invito i lettori a leggere questo dossier dell’associttadini, che documenta come a fine anni ’80 il gruppo fallì, i risparmiatori furono spesso defraudati, e i responsabili del crack la fecero franca, come quasi sempre accade in Italia.
Infatti a “risanare” Eurogest fu messo Florio Fiorini, detto il corsaro della finanza (lui si definiva “il lavandaio”), l’ex direttore finanziario dell’ENI specializzato in “salvataggi” attraverso la sua società svizzera SASEA, e finito poi in galera 4 anni in Svizzera per truffa e bancarotta.
Era un po’ come mettere Dracula alla presidenza dell’AVIS, a ben vedere.
La sua fama di “salvatore” era assai usurpata : Fiorini comprava in Svizzera le società decotte con finanziamenti delle banche, permettendo ai venditori di liberarsene e ripulire i bilanci, poi magari rivendeva qualche pezzo pregiato di quei bidoni in fallimento e faceva bella figura, anche se di fatto non risanava un tubo.
Ma in realtà erano poi le banche, quindi sempre i risparmiatori, a pagare quei “salvataggi”.
Ma per tornare a noi, io in quei 4 mesi capii dopo poco che buona parte dei prodotti Eurogest erano bidoni, e mi limitai a cercare di vendere solo i prodotti più sicuri : quote di un fondo obbligazionario, un conto corrente speciale ad alto rendimento (ContoImpiego una specie di progenitore di Conto Arancio) in co-gestione Eurogest-Popolare di Novara, e poco altro.
Riuscii a trovare solo 3 clienti in tre mesi, lavorandoci molto svogliatamente devo dire, anche perché mi guardai bene dal cercare di coinvolgere i soldi di amici, conoscenti e parenti.
Nel mio gruppo, a Como, eravamo una dozzina, e quelli che facevano gli affari migliori, e magari chiudevano 5-6 contratti la settimana, erano tutte persone che sfruttavano l’autorevolezza e le conoscenze dei loro familiari nel loro ambiente.
Ad esempio, c’era un ragazzino di nemmeno 20 anni, figlio del direttore di una banca di una grossa città brianzola, che il venerdì mattina – quando avevamo le riunioni settimanali e i consuntivi – veniva fuori sempre con almeno 4-5 contratti chiusi, benchè fosse uno che quasi non sapeva parlare.
Per forza.
Gli bastava tirare su il telefono, chiamare tizio e caio clienti della banca del padre, e dire loro che era il figlio del direttore e voleva parlargli per suggerire loro un nuovo investimento, e quelli si fidavano e firmavano per i prodotti Eurogest ad occhi chiusi.
E perché – pensavano – non avrebbero dovuto fidarsi del figlio del direttore?
E lo stesso accadeva ad altri agenti molto bene introdotti nel settore assicurativo e bancario del loro ambiente.
C’era uno che aveva un’agenzia assicurativa, in un paesotto del lecchese, e che rifilò ai suoi clienti un bel po’ di contratti per prodotti Eurogest.
Io e altri due eravamo quelli che vendevano meno, e più che altro in quelle riunioni del venerdì prendevamo per i fondelli quelli che vendevano molto e rifilavano bidoni.
Il bello era che potevamo farlo perchè non c’erano vere gerarchie, anche il capo area era un agente che guadagnava sui nostri contratti, quindi non è che ci fossero veri “superiori”, se non a livello organizzativo.
E non avevano neppure motivi per licenziare gli agenti – a meno che non avessero intascato i soldi dei clienti – nemmeno quelli scarsi, perché a loro dopo tutto un agente non costava nulla (tutte le spese dell’attività erano a ns. carico) e pochi o tanti, portavano comunque clienti.
Fatto sta che a fine 1986, del tutto demotivato, e assolutamente critico verso i prodotti Eurogest, diedi le dimissioni.
Poi entrai – per 3 anni – nel mondo della revisione contabile, ma questa è un’altra storia.
Per concludere, dico solo che quando il giocattolo si ruppe, tutti quegli agenti persero lavoro e clienti, ed anche questo è un classico, in queste vicende.
Anzi alcuni di loro dovettero anche far perdere le loro tracce e cambiare città o residenza, per l’ostilità degli ex clienti che avevano perso buona parte dei loro risparmi.
Quegli agenti passarono periodi d’inferno: telefonate continue di ex clienti che rivolevano indietro i soldi, a qualunque ora, e in alcuni casi minacce o addirittura aggressioni, oppure azioni legali.
Io invece a inizio ‘87 feci in tempo a fare restituire a uno dei miei tre clienti il denaro investito nella società “Fundus” (circa 50 milioni di lire del 1987, non poco) prima che il fallimento travolgesse il gruppo, mentre gli altri due clienti avevano già disinvestito da soli, preso atto che i rendimenti che ottenevano erano tutt’altro che mirabolanti come sperato, e peraltro non si trattava di grosse cifre.
Quindi alla fine, evangelicamente, gli ultimi furono primi: gli agenti finanziari più spregiudicati e col pelo sullo stomaco, che avevano venduto di più, furono quelli che se la passarono peggio, inseguiti dai clienti infuriati.
Mentre chi – come me – si era tenuto prudentemente alla larga, e aveva evitato di raccontare balle pur di vendere bidoni, per lo meno ebbe la soddisfazione di non avere truffato nessuno, pur avendo fatto ben pochi affari.
In conclusione, sono d’accordo con Veronica quando parla di “prostituzione finanziaria”.
Non dico certo che tutti gli agenti siano truffatori, o che abbiano alle spalle dei gruppi-bidone come l’Eurogest di Federici, o l’Europrogramme di Bagnasco, o la Lombricus Rubellus di Cultrera.
Però è vero che la motivazione di molta di questa gente, e dei loro capi-area, è vendere e chiudere i contratti per le provvigioni, spesso fregandosene se il cliente guadagnerà o meno.
Più contratti fai, più guadagni.
E infatti nei corsi di addestramento cui partecipavo, gran parte del tempo era dedicato alle tecniche di vendita : come superare le obiezioni dei clienti, come capire la tipologia di cliente che si aveva davanti (prudente, audace, dispersivo, concreto, timido, arrogante), come orientare la trattativa positivamente evitando errori, “roleplay” cioè teatrini con simulazione di trattative con clienti “difficili” per capire con i colleghi più esperti gli errori nella vendita.
Ecco, direi che questa forse è l’unica cosa buona che salverei di quel periodo, l’addestramento alla vendita e alla comunicazione commerciale.
Dopo tutto è vero che in qualunque lavoro ciascuno di noi “vende”, cioè comunica e cerca di convincere.
Quindi quei corsi tutto sommato mi furono utili.
Se non a vendere i bidoni dell’Eurogest, almeno a capire in seguito come migliorare le capacità comunicative.
Una cosa che mi rimase impressa per sempre, e su cui raccomando di fare la massima attenzione, è la superficialità ingenua e la dabbenaggine con la quale molta gente investe, solo perché chi propone l’investimento è un amico, o un conoscente, o una persona “nota” (es. il figlio del direttore di banca del paese) a livello locale.
Io da allora lo dico sempre: fregatevene se chi vi propone un investimento è bello o brutto, famoso o sconosciuto, se ha giacca e cravatta o si presenta in jeans e felpa, se lo conoscete da 30 anni perché veniva a scuola con voi (potrebbe essere un solenne incompetente) o da 10 minuti (potrebbe essere un valido esperto).
Prima di investire ascoltate ma ragionate con la vs. testa, prendete tempo prima di decidere, e soprattutto pensate a cosa accadrebbe nell’eventualità peggiore: se l’investimento fosse rischioso e perdeste il denaro.
Potreste permettervelo ?
Perché magari siete milionari e per voi 50 o 100.000 euro sono un’inezia, e potete permettervi di rischiarli e di perderli.
Ma se i soldi che investite sono tutti i vs. risparmi, sono la vs. liquidazione, fidatevi solo di investimenti sicuri, e soprattutto diversificate.
Se ripartite i vs. risparmi in più impieghi diversi (es.: titoli a reddito fisso, fondi, c/c, azioni, preziosi, immobili, arte), correrete meno rischi se ci fosse una crisi economica.
Mentre se mettete tutti i vs. soldi su un solo prodotto o settore, ovviamente il rischio sarà massimo.