Gennaio 28, 2008 Il lato oscuro degli scacchi
Soci o amici ?
Una delle domande che mi rivolgono spesso gli adulti che vorrebbero avvicinarsi al gioco è la seguente:
“Perché i circoli di scacchi sono ambienti così chiusi, dove i rapporti umani sono praticamente inesistenti ?”
L’idea che viene percepita dall’esterno è questa.
Sono inoltre a conoscenza che molti si avvicinano al gioco, ma in seguito se ne allontanano perché demoralizzati dalle frequenti sconfitte e dal fatto di non riuscire a progredire, non trovando un valido aiuto umano.
Di libri sul tema se ne trovano a centinaia, ma è difficile, soprattutto all’inizio, comprenderne il significato recondito senza una guida umana che ti accompagni.
Ne consegue che molti potenziali frequentatori dei circoli sono persi in partenza o, scoraggiati dai racconti degli amici o di altri amatori, non provano nemmeno a iscriversi, preferendo giocare esclusivamente online.
Ma non è proprio la stessa cosa.
Ho le mie opinioni in merito, basate sulla mia esperienza pluriennale nei circoli locali più importanti.
Purtroppo è vero che spesso si creano dei piccoli gruppi basati solo ed esclusivamente sulla forza di gioco.
I più bravi, appunto, tendono a giocare fra di loro, isolandosi dal resto del gruppo.
I rapporti umani o quasi sono inesistenti, si creano delle gerarchie basate sulla forza di gioco e sull’elo.
Nulla di più sbagliato.
Un circolo di scacchi deve essere, prima di tutto, un punto d’incontro per amici che, appunto, come tali, devono conoscere i pregi e i difetti (solitamente in misura maggiore) di ciascuno.
In questo modo l’atmosfera diventa seriosa, e non snob come appaiono solitamente i principali circoli di scacchi, soprattutto i più rinomati.
È necessario accogliere ogni nuovo visitatore come un amico e non come un semplice spettatore che si ritrova a giocare e che, possibilmente, si deve convincere a iscriversi (per ottenere la quota di iscrizione, ovviamente).
È chiaro che il collante fra tutti noi è la passione per il gioco.
Ma è necessario essere persone che stanno bene insieme, che sanno scherzare e condividere le proprie esperienze e le proprie idee, indipendentemente dalla forza di gioco e dal talento scacchistico.
È necessario trasmettere umanità, non impartire lezioni di tecnica.
È necessario avere unità d’intenti, non avere un piccolo gruppo che decide arbitrariamente su tutto.
Occorre cercare prima di tutto di creare un ambiente accogliente, non di cercare esclusivamente di avere il maggior numero possibile di soci iscritti, perché questi ultimi se ne andranno sicuramente un giorno se non si troveranno bene.
Bisogna divertirsi e far divertire.
Bisogna condividere le proprie esperienze, non solo di vita, ma anche quelle legate alla vita di tutti i giorni.
Da ognuna di queste cose possiamo trarre beneficio e imparare qualcosa di nuovo che non conoscevamo o di cui avevamo informazioni sbagliate.
Occorre sapere rischiare, proponendo nuove idee e progetti innovativi, e non limitarsi a ripetere ciò che hanno fatto altri, magari con successo.
Le sorprese sono all’ordine del giorno: tutti i progetti più importanti e le scoperte più significative sono sempre partiti da questo modo di pensare e di agire.
In questo modo, avremo sempre lo sprone giusto per fare sempre meglio e raggiungere obiettivi che nemmeno immaginavamo.
La diversità unisce, non divide.