Marzo 24, 2019 Memorie dal sottoscala
La vita comprende tutto.
The first cut
La vita comprende tutto.
Anche situazioni come queste.
6 Dicembre, 2004
Mio padre è lo stereotipo della persona a cui tutto è dovuto.
Quando ha trovato una nuova compagna, ha preteso (anzi, ha imposto) di portarla ad abitare immediatamente in casa nostra appena l’ha conosciuta.
Ha voluto che dormisse nel letto della mamma, che si era spenta in giovane età appena qualche mese prima.
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Dormire nella stessa camera.
Farle usare i suoi gioielli.
I suoi gioielli.
I suoi vestiti.
Una mancanza di rispetto totale.
Non lo accetti ?
Vattene.
Devi lasciare tutto.
Tutto è di mia proprietà.
Compreso quello che hai guadagnato con le tue forze.
Devi andartene.
All’età di sei mesi ti ho comprato tutto.
Ora devi ricambiare.
È tutto mio.
Sono il più vecchio, il più furbo, il più forte.
Sono abituato a comandare e a schiacciare i miei avversari.
Per cui posso fare quello che voglio :
Insultarti continuamente con le parole più brutte e volgari che ci siano.
Sbuffarti il fumo delle mie sigarette puzzolenti in faccia la mattina.Metterti i piedi in faccia sulla tavola imbandita mentre stai pranzando.
Gridarti contro e insultarti davanti ai vicini, dicendoti che sei una morta di fame, una poveraccia, un microbo.Fare la vittima con i miei fratelli e sorelle e parlarmi male di te.
Dirti che non sei capace di fare nulla e che fallirai miseramente senza guadagnare nemmeno un euro.Andare a parlare male di te in banca, così poi non ti rinnovano il fido.
Minacciarti una causa legale per mandarti via dalla casa “mia”.
Questi sono esempi (non tutti) di quello che è realmente successo.
È difficile da credere.
Ma è la verità.
Come ho fatto a resistere ?
Con la mia forza di volontà, la forza interiore e le riserve nascoste che trovi nei momenti difficili.
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Non bisogna mai arrendersi.
Lottare sempre, anche nei momenti più bui.
Nei momenti in cui ti sembra che non ce la farai mai.
Una lotta di nervi.
Di resistenza.
Pressioni morali e psicologiche di ogni tipo.
Per dieci lunghissimi mesi.
Era una questione di vita o di morte.
Per me, cedere equivaleva a un’esistenza grigia, telecomandata da altri.
Non volevo questo.
Alla fine, non ho ceduto io.
Ha ceduto lui.
È andato via senza lasciare né indirizzo né numero di telefono.
Ha utilizzato il telefono aziendale per chiamare.
Oppure ha oscurato il numero dell’apparecchio da cui chiama.
Senza lasciare riferimenti.
Niente di più.
Non si è fatto vivo né lui né i suoi parenti, né nessuno dei suoi conoscenti.
Una situazione che permane tuttora.
Rapporti cordiali.
Niente di più.
È come se fosse una tabula rasa.
Si riparte da capo.
Ma finalmente libera.
Di poter decidere della mia vita.
Di poter essere chi voglio.