Novembre 1, 2024 Il Great Reset del WEF, MacroEcoAnemia
C’è chi dice che non si può tornare all’autarchia.
Però non si può neanche globalizzare lo sfruttamento e il sistema dittatoriale cinese.
Titoli di coda. La lenta agonia della economia occidentale
Tutto quello che stiamo vedendo oggi con i nostri occhi non è altro che il finale di un processo iniziato decenni fa e a cui nessuno ha mai voluto opporsi veramente.
La meritocrazia si è gradualmente esaurita, dando vita a una vera e propria casta.
Questa casta non solo si è radicata, ma ha preso completamente il sopravvento in tutti i settori, ormai dominati esclusivamente da vere e proprie lobbies di potere.
Ormai è impossibile uscirne.
Con la crisi finanziaria del 2008 si era presentata l’opportunità di estromettere l’intera classe dirigenziale che aveva combinato solo disastri.
Invece di intervenire alla radice del problema (come si poteva e si doveva fare), si è permesso di aumentare il potere delle lobbies.
Addirittura è stato permesso di aumentarlo.
La nostra civiltà si merita davvero un periodo buio.
Era troppo facile prevederlo già allora.
Aprile 7, 2010
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La globalizzazione delle multinazionali è una catastrofe naturale di fronte alla quale governi e società sono ormai impotenti.
Si tratta di un processo che, a mio modo di vedere, è ormai irreversibile.
I ricchi Paesi industrializzati hanno ceduto troppo presto e in misura eccessiva alla pressione dei grandi gruppi.
Hanno concesso loro molte libertà.
Che questo danneggi o meno la nostra società e il nostro pianeta non ha importanza.
I grandi gruppi e le cosiddette élite hanno abusato ed abusano della globalizzazione per i propri interessi.
E si arricchiscono ulteriormente attraverso lo sfruttamento, le guerre, i danni all’ambiente e le speculazioni finanziarie.
Non a caso, in tempi non sospetti avevo definito la globalizzazione come il cigno nero dell’economia mondiale.
Quali sono le ragioni di questa crisi che appare sempre più profonda e marcata nel tempo ?
Personalmente mi sento di sposare le seguenti due tesi :
L’accordo WTO del 2001 si è rivelato assolutamente deleterio per l’Occidente.
Aprire i mercati alla Cina, all’India e al resto dell’Asia senza che questi paesi abbiano offerto alcuna contropartita ha causato un aumento mostruoso del deficit estero cumulato (in particolare negli USA, in Australia, nell’Europa occidentale ed in Inghilterra).
La “delocalizzazione”. Spostamento di fabbriche e società di servizi negli stessi paesi, in particolare banche, società informatiche e call center.
Queste due “idee” all’apparenza geniali, ovvero tagliare i costi di produzione e migliorare i bilanci delle aziende, si rivelano in realtà deleterie.
Eppure, tutti i mass media più importanti fanno a gara a ripetere che “l’apertura al mercato mondiale fa bene anche a noi”.
Ma non è affatto vero!
La globalizzazione porta a un miglioramento della situazione del paese meno ricco a spese di quello che precedentemente era più avanzato.
Inoltre, in un ciclo economico di questo tipo, il declino dei paesi globalizzati sarà, a partire da un certo punto, molto più veloce e repentino rispetto a quello dei paesi che si stanno globalizzando.
Lasciare che progressivamente tutto quello che acquistiamo all’ipermercato venga prodotto in Cina o in India e spostare pian piano le nostre fabbriche e i nostri servizi in Asia (o in Messico per gli USA) è la ricetta per l’autodistruzione.
La crisi finanziaria è stata solo un modo per nascondere la realtà del progressivo svuotamento dell’economia europea e americana.
Passando all’Italia (ma il ragionamento si potrebbe estendere a tutto l’Occidente), si può tranquillamente notare che, se non cambieranno le cose, la nostra economia è destinata, sul lungo periodo, a un declino irreversibile :
La pressione fiscale è al 50% (in teoria, come vedremo).
Cinque milioni di famiglie hanno mutui per la casa. I pignoramenti sono in costante aumento.Assegni protestati. Un trend in continuo e costante aumento.
Si moltiplicano i dati che indicano consumi pari a zero o negativi (basta fare un giro agli ipermercati). Gli sconti, in particolare su generi alimentari, sono sempre più frequenti.Le persone che lavorano (considerando i cassa-integrati) sono circa 22 milioni su 58 milioni di italiani.
Questo dato mostra come la pressione fiscale su chi lavora effettivamente non sia il 50%, ma ben più alta, dato che nel calcolo della pressione fiscale al denominatore si utilizza il PIL, che include l’intera popolazione, dagli infanti ai novantenni, ai disoccupati, a chi lavora in nero.
Il 50% è solamente la media.
Chiunque abbia un reddito da lavoro, tutto o quasi visibile e fatturabile, paga tasse sul 65-70% del reddito che produce.
Infatti, tutte le tasse “indirette” colpiscono il consumo.
Questo è assolutamente demenziale.
Per andare avanti, la massa dei lavoratori si indebita.
I consumi si fermano.
E poi l’economia.
Nel frattempo, il debito dello Stato italiano continua a salire.
Di conseguenza, in Italia è diventato impossibile stimolare l’economia.
Lo Stato, infatti, si appropria della maggior parte del reddito nazionale e spreca gran parte di queste risorse.
L’unica che potrebbe essere stimolata è quella privata.
Quella statale segue leggi che non sono economiche.
Quando l’economia è più del 50% statale, però, si ferma e comincia ad accumulare debiti.
L’unica soluzione sarebbe puntare sulle esportazioni.
Tuttavia, con l’€ (non è possibile effettuare periodicamente delle svalutazioni “competitive”) e con la concorrenza cinese che si fa sempre più agguerrita, per noi è diventato molto difficile.
In Europa e negli USA abbiamo già portato i tassi di interesse a livelli prossimi allo zero per “stimolare” qualcosa che andrebbe fatto con la politica fiscale.
Bisognerebbe tagliare la spesa pubblica e le tasse.
Cosa però di fatto impossibile nel nostro Paese.
In Cina la pressione fiscale è inferiore al 25% del PIL (i dati sono ovviamente completamente falsificati e il costo del lavoro è molto basso).
In Russia, e in generale nei paesi dell’Est Europa, è davvero molto bassa.
Lo stesso vale in Asia, dove solitamente è inferiore al 30%.
Questo è il loro vero ingrediente di successo economico.
Mentre in Occidente, dove tutti gli stati sovrani hanno deciso una politica di stimolo monetario e non di taglio delle spese, arrivati al punto attuale (deficit fuori controllo) non potranno fare altro che stampare moneta per tappare i buchi che si stanno sempre più ampliando fino ad arrivare un giorno a un punto di non ritorno.
Ed il welfare ?
Come potranno garantire servizi essenziali in uno scenario del genere quando i fondi saranno terminati?
Purtroppo il problema è che manca un pensiero economico-politico organico e ben strutturato.
È ridicolo che la denuncia dei problemi della globalizzazione si fondi su gruppi di svitati come i no-global “popolo di Seattle”.
E la loro “bibbia” sia un libretto qualunque da due soldi come “No logo” di Naomi Klein.
I media, invece, non fanno che disinformare.
Una nuova politica mondiale, promossa dai Paesi occidentali, dovrebbe basarsi su due semplici obiettivi :
Promuovere un welfare efficiente, eliminando gli sprechi incredibili che ci sono.
Togliere potere alle lobbies mondiali per ottenere una distribuzione delle risorse più equa (senza ridicole e pericolose velleità comuniste come quelle del secolo scorso).
Invece, si sta andando inesorabilmente nella direzione opposta.
Che garantirà un finale molto triste.
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È incredibile, ad esempio, che in Italia ci siano sprechi pazzeschi.
Ci sono persone assunte in comuni e regioni che svolgono gli stessi lavori di altri.
Puro clientelismo dopo le elezioni.
Impiegati statali a cui lo Stato e le regioni forniscono ancora gratis abitazioni di servizio.
Per non parlare degli orari ridicoli e della difesa “corporativa” verso fannulloni ed emeriti incapaci, e delle risorse dilapidate in stipendi d’oro per i manager statali.
Ma gli sprechi dello Stato italiano sono tanti.
E purtroppo manca assolutamente la volontà politica di intervenire.
Anche perché poi ti trovi contro il sindacato, i giornali, le televisioni e i fancazzisti di ogni risma.
Ma prima o poi ci saranno rivolte tra generazioni e categorie.
Quando la pressione fiscale supera il 70%, lo Stato assomiglia alla vecchia Unione Sovietica.
Viene meno ogni stimolo a fare impresa.
Quanto togliere potere alle multinazionali e alle lobbies
Anche qui non resta che scegliere.
È forse possibile continuare a vedere che un numero ristrettissimo di persone diventa sempre più ricco a scapito di tutto il resto della popolazione?
Se la gente cominciasse a indignarsi e a protestare contro il fatto che multinazionali come la Nestlé, la Procter & Gamble e la Shell hanno fatturati superiori a quelli di interi stati, sarebbe già un buon inizio.
Infine, sulla globalizzazione.
Anche qui regna sovrana la disinformazione.
Quando un italiano compra un paio di scarpe cinesi, ad esempio, è facile sentire l’obiezione :
“Ma scusa, cosa dovrei comprare, se non arrivo a fine mese ?
Me li dai tu i soldi ?”
Eppure, chi non arriva a fine mese non si rende conto che non arriva a fine mese, anche perché compra scarpe cinesi.
Così facendo, distrugge il lavoro dei calzaturifici indigeni e dà lavoro ai cinesi, che lo ringraziano sentitamente (ed ingrassano sulla nostra rovina).
C’è poi un discorso più importante da fare su alcuni paesi.
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Quando si acquista merce dalla Cina, non si compra solo una merce.
In pratica, approva un sistema disumano in cui le persone sono costrette a lavorare fino a 12-14 ore al giorno in condizioni di schiavitù.
Un sistema in cui non esiste alcuna tutela sindacale per i lavoratori.
Chi protesta viene incarcerato e, non di rado, ucciso.
In pratica, si finisce per approvare una dittatura spietata.
Ecco perché, ad esempio, in Germania un consumatore su quattro boicotta apertamente i prodotti cinesi.
Lo fa perché ha capito cosa succede alla nostra economia quando si acquistano prodotti di quei paesi.
In Italia nessuno ne parla perché sono ipocriti.
Qualcuno dice che non si può tornare all’autarchia.
All’autarchia no.
Però non si può neanche globalizzare lo sfruttamento e il sistema dittatoriale cinese.