Gennaio 16, 2025 Totalitarismo
Il mondo soffre di malattie mentali.
Un mondo demenziale
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L’homo sapiens si sta rivelando un cancro.
Né più, né meno.
La capacità di creare bellezza e armonia è ormai quasi un dettaglio, rispetto alla capacità di creare immondizia.
Tuttavia, questa bellezza esiste ed è propria dell’homo sapiens.
Ma un giorno svanirà, e forse, con lei, l’essere che percepisce e concepisce la bellezza.
Spero che un nucleo di persone intelligenti sia sempre presente sulla Terra.
E se prendesse anche il potere sarebbe meglio, perché spero che un giorno si voglia cambiare, prima di arrivare al punto in cui si dovrà scegliere tra l’umanità e la Terra.
L’unica cosa che mi fa propendere per la sopravvivenza del pianeta è il pensiero che possa vivere anche senza di noi.
Ma che l’umanità non può sopravvivere senza di essa.
Credo che la bellezza che l’umanità ha saputo creare resterà per sempre.
Infatti, c’è ancora chi sa creare bellezza ed armonia, anche se sono una netta minoranza.
Ma quanti Leonardo, Michelangelo, Socrate, Gesù, Buddha, Confucio… cioè, quanti innovatori e uomini di genio sono esistiti ?
Pochi.
Nel tempo sono sempre stati pochi e, soprattutto, scomodi.
Eppure, hanno saputo lasciare una traccia indelebile.
Questa è la mia speranza per l’umanità.
Finché saprà produrre bellezza e armonia conserverà la speranza della salvezza.
La tesi centrale del libro di Pino Aprile, L’elogio dell’imbecille, è che la maggior parte degli uomini si comporta da imbecilli, perciò lottare contro la stupidità è inutile.
È inutile prendersela con gli imbecilli e non capirlo è ridicolo, soprattutto dopo che la globalizzazione ha diffuso la stupidità come un’epidemia su scala globale.
Potremmo dire che il mondo ha perso la testa, semmai l’avesse posseduta, ma il numero impressionante di dementi ci porta a chiederci perché ci siano tanti imbecilli, perché siamo diventati così tolleranti con l’imbecillità e, soprattutto, se l’ottusità abbia una sua utilità.
Secondo la legge della selezione naturale solo i più adatti sopravvivono e, dal momento che gli esseri umani sono i più adatti, sono riusciti a sopravvivere grazie all’intelligenza.
Sul pianeta, la regola selettiva è il numero o la forza : la specie che è troppo forte deve avere pochi rappresentanti, mentre la specie più debole deve essere sopranumeraria.
Osservando la natura, vediamo meno predatori che prede : i leoni sono più forti, ma sono in pochi, mentre le antilopi sono molte perché verranno predate ; chiaramente, per i pochi e i deboli non esiste futuro.
È il nostro intelletto a rappresentare l’arma dell’uomo e ci ha permesso di dominare il pianeta, nonostante siamo i più deboli e indifesi rispetto alle altre specie animali.
L’intelligenza ci ha salvato dall’estinzione, ma ora la situazione si è capovolta, perché il nostro numero è diventato troppo elevato e la nostra potenzialità mentale sta diventando un pericolo per il pianeta.
Secondo l’ecologo James Lovelock, il pianeta Terra è un essere vivente, perciò l’ipotesi più attendibile è che sarà il pianeta a distruggere l’uomo per impedire che quest’ultimo distrugga il pianeta.
Pensare in modo diverso sarebbe contrario a ogni principio evolutivo e alla legge biologica secondo la quale è possibile avere o il numero o la forza, ma non entrambi.
L’uomo diventa pericoloso solo se è sapiens, mentre se è imbecille il pianeta può sopportare meglio l’impatto della specie umana.
Perciò l’uomo imbecille diventa un rischio solo se si moltiplica troppo e troppo velocemente.
Forse l’intelligenza ha esaurito la sua funzione naturale e la sua utilità ?
Forse è inutile per l’uomo, come lo sono pelo, zanne e artigli per un crudele assassino, come la storia recente dimostra ?
La nostra specie è ormai affetta da ipertrofia, dice Ernst Jünger, perciò ha perso ogni armonia con la natura.
L’intelligenza è diventata una dote troppo pericolosa e sembra che l’uomo vi abbia rinunciato.
La prova evidente di questa affermazione è il morbo di Alzheimer, che è un male che uccide le cellule cerebrali.
La funzione dell’Alzheimer sembra essere quella di limitare l’intelligenza, infatti colpisce la memoria, la capacità di linguaggio e di pensiero astratto.
Questa malattia è la mortificazione dell’intelligenza : è responsabile di un caso di demenza senile ogni due, perciò un anziano su due ne è affetto.
La nostra società è già a rischio demenziale e il mondo, invecchiando, diventa sempre più stupido, perciò l’uomo moderno vive per rincretinire : il rimbambimento raggiunge proporzioni crescenti mano a mano che aumenta l’età e l’aspettativa di vita.
Un grande studioso sovietico, Jury Lotman, sostiene che la cultura è il cervello della società e che, pertanto, la selezione tende a diventare culturale, in quanto è la cultura che può ridurre sempre più le capacità intellettive umane.
L’uomo è un animale sociale e siamo fatti per stare con i nostri simili ; infatti, oltre alla natura, su di noi agisce anche la cultura.
Infatti, la cultura si accumula e si trasmette attraverso la vita sociale.
Stare insieme è una caratteristica che aiuta la specie umana, poiché i frutti del genio individuale sono condivisi da tutti e l’intelligenza produce dei vantaggi per tutta la specie.
Se è il genio a produrre i progressi umani, i vantaggi ottenuti possono essere sfruttati anche dagli imbecilli, infatti le nozioni e le idee diventano patrimonio comune e si tramandano con la cultura.
È solo grazie alla cultura che i migliori e più dotati uomini producono dei miglioramenti che restano come patrimonio dell’umanità, ma anche il più tonto può usare le invenzioni dei geni.
In qualche modo è l’intelligenza che contribuisce a favorire gli scarti della specie e le conseguenze rendono più drammatica la situazione, in quanto la cultura, contrariamente alle aspettative, tende a inibire l’uso delle facoltà intellettuali, perché è ostile alla riflessione e all’innovazione.
Il potenziale mentale viene mortificato quando troppi si accontentano del sapere accumulato e condiviso, diventando pigri e inerti a livello mentale. Il metodo, infatti, soffoca l’ingegno sostituendolo con risposte pronte.
“We are thinking for you. So you don’t have to” (Stiamo pensando per te. Così tu non devi farlo), dice l’agghiacciante scritta che ogni tanto lampeggia in un angolo dello schermo quando alla TV scelgo il canale “Science and Science-fiction”.
Più o meno ciò che fanno i dannati computer (io li detesto) quando correggono gli errori e addirittura forniscono suggerimenti.
Così esentandoti dal dovere di conoscere la “consecutio temporum” e l’ortografia.
Nonché sgravandoti da ogni senso di responsabilità e portandoti all’ottusità.Ergo, la gente non pensa più.
O pensa, senza pensare con la propria testa.
La scintilla del genio risplende, dice Aprile, e la cultura cattura quel lampo, ma lo usa per accecare la mente, perché impone di ripetere il metodo all’infinito; perciò la ripetizione diventa una mortificazione delle risorse mentali.
Gli esercizi banali riducono l’intelligenza, perché quest’ultima ha bisogno di continui stimoli e di mantenersi in attività : infatti, come ogni organo fisico, si potenzia con l’uso, ma con l’immobilità si atrofizza.
Se la cultura favorisce le risposte immediate, l’ingegno, che si affina con la necessità, retrocede e poi si riduce.
La tecnologia riduce tutte le difficoltà della vita, perciò i geni diventano inutili e il meccanismo culturale mette le soluzioni al servizio degli imbecilli che si moltiplicano.
Gli utensili culturali sono gli strumenti tecnici, ma anche i metodi logici e le forme di organizzazione sociale.
Tutto questo è il prodotto della mente geniale, che però può essere usato anche dall’idiota.
La selezione degli idioti sarà così fatta : andranno al macello da soli.
Il mondo diventa a misura di imbecille quando consegna le sue macchine più complesse e pericolose a persone folli, psicopatiche, perché affette da disturbi nell’uso della saggezza, dell’intelligenza, della tolleranza, dell’altruismo e della solidarietà.
L’uomo è l’unico essere che mette a disposizione dei suoi simili gli strumenti necessari per garantire la sopravvivenza.
È l’intelligenza che ha permesso questo paradosso: le sedimentazioni del sapere, infatti, si tramandano da padre a figlio, perciò l’istinto dovrebbe aiutare a non commettere in futuro gli stessi errori fatti in passato.
L’uomo esperto del mondo si rende conto che il pianeta è pieno di imbecilli e che ciò deriva dalle stesse organizzazioni umane.
Sebbene si possa credere che l’uomo scelga sempre ciò che gli conviene, in realtà sceglie in base a criteri ragionevoli.
Un limite dell’intelligenza è credere che il mondo operi per il bene e che si comporti in base a questo presupposto, ma questo vale per le persone sane mentalmente, mentre gli imbecilli non funzionano così.
La vera domanda è come il mondo possa ancora funzionare, e la risposta è nella struttura delle organizzazioni umane : l’imbecillità ha preso il posto dell’intelligenza nella direzione del mondo.
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Le strutture umane sono gerarchiche e le gerarchie si avvalgono della burocrazia, che ama la stupidità.
Infatti, la stupidità sostiene la struttura burocratica e ne garantisce il futuro.
Le burocrazie, in questo senso, diventano positive perché riuniscono gli esseri umani e li rendono perfettamente idioti.
Se le guerre riescono a sterminare i migliori, la burocrazia, che è la rappresentazione evidente dell’istinto sociale umano, sa riunire i cervelli per spegnerli più velocemente, perché fa una lotta accanita all’intelligenza, e questa guerra caratterizza tutta la nostra cultura.
La burocrazia sfrutta le gerarchie e le gerarchie si comportano in modo ottuso, non tanto perché composte da persone stupide, ma perché se si è nella gerarchia, bisogna comportarsi secondo le regole.
I comportamenti gerarchici sono sottoposti alle regole condivise da tutti, perciò le regole vanno rispettate: esiste un modo di fare le cose e non bisogna far altro che attenersi a quel modo.
La mente umana è portata alla critica e alla ricerca di novità, ama sfidare le proprie capacità e chiede il perché di ciò che sta facendo, vuole sapere come si fa una cosa e se si potrebbe farla meglio.
La gerarchia ama la stessa procedura, perciò se arriva una mente acuta e curiosa che fa troppe domande, inizia a disturbare e si rischia che nulla vada avanti.
Discutere delle cose, confutare comportamenti e procedure paralizza il sistema e compromette l’organizzazione, perciò il genio diventa un sovversivo quando non applica la norma, ma la mette in discussione, in quanto causa la crisi del sistema.
L’intelligenza e lo spirito critico rallentano il funzionamento della società e l’acume mentale produce confusione e sovvertimento sociale, perciò il sistema reagisce e preferisce l’individuo imbecille.
La stupidità è necessaria e diventa vitale per la società, perché è solo sulle gambe dell’imbecille che può marciare una regola ottusa. Perciò, il compito della gerarchia è incrementare l’imbecillità.
La struttura sociale impone ai singoli di conformarsi ai comportamenti adeguati, producendo un potente livellamento verso il basso.
Così oppresso, lo spirito critico e le doti intellettuali vengono sempre più depressi e spenti; infatti, il genio inserito nella struttura gerarchica viene reso inoffensivo.
Se la società richiede il rispetto delle regole, l’intelligente può fingersi imbecille, mentre il contrario è impossibile.
È chiaro che l’intelligente può capire che rendere le società meno idiote si basa sull’equivoco che sia possibile rendere meno scemi gli organismi sociali, perché essi funzionano solo se restano idioti.
L’umanità, ci dice Aprile, si divide in due categorie : la prima è composta da coloro che si impegnano a modificare la società, mentre la seconda è costituita da coloro che hanno capito che tutto funziona se resta com’è, perciò si adeguano a quello che trovano e vi soggiacciono.
La persona intelligente si può adeguare alle strutture, ma poi, nel tempo libero, coltiva le sue vere passioni, dedicando a esse il tempo che tutti dedicano ai passatempi preferiti.
Talvolta, alcuni riescono a cambiare le cose e diventano dei veri riformatori, ma sfuggono anche alla categoria degli intelligenti, perché sono molto di più : la norma generale è che le strutture sociali sopportano solo dosi limitate di intelligenza, senso critico e innovazione.
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Se lasciassero spazio a queste caratteristiche, tutto crollerebbe, perché la gerarchia non ha bisogno di persone troppo capaci.
Infatti, nella gerarchia avviene la parcellizzazione delle funzioni, in quanto le competenze sono frazionate fino ad avere dei compiti semplici a misura di cretino.
Non c’è limite alla parcellizzazione degli incarichi creati per non mettere in crisi le persone incompetenti, perciò l’imbecillità non può che aumentare fino a creare un mondo a misura di citrullo.
Una struttura di imbecilli non può che ampliarsi, perché i requisiti d’accesso sono talmente bassi che tutti possono accedere, perciò il loro limite numerico è infinito, anche se nessun imbecille è disposto ad ammettere di farne parte, soprattutto se occupa una posizione di responsabilità.
Anche nei posti di potere troviamo dei rappresentanti della categoria: gli imbecilli, infatti, tendono a votare per eleggere chi gli assomiglia, perché li può meglio rappresentare.
Questo modo insano di fare è inconsapevole, perché ognuno fa al meglio delle proprie possibilità ; la gente, infatti, vede che le cose vanno avanti, perciò si adegua a ciò che trova.
Le società umane sono degli organismi viventi e, come tali, dimostrano gli stessi istinti di sopravvivenza degli esseri viventi: vogliono nutrirsi per crescere.
Spesso non comprendiamo questa strategia del potere, ma è più facile se sappiamo che tutte le organizzazioni vogliono sopravvivere, perciò le società affermano che la soluzione è espandersi, in quanto è un fatto naturale.
È vero che la crescita è naturale, ma anche gli alberi più maestosi non arrivano mai a toccare il cielo, perché sanno che i rami troppo alti non riceverebbero più il nutrimento sufficiente per prosperare.
Diventare troppo grandi equivale a diventare troppo vulnerabili e quindi a condannarsi all’estinzione, cosa che si vuole rifuggire : ognuno ha i propri limiti e l’intelligenza capisce quando si arriva a sfiorarli per non doverli oltrepassare.
L’uomo sta rischiando la propria sopravvivenza a causa dell’ottusità della massa, ma l’intelligenza conserva la sua potenzialità : con la ragione possiamo prendere decisioni che non sono condizionate solo dall’istinto.
La cooperazione tra le persone intelligenti moltiplica queste capacità e non è un’eccezione : in tutte le società, infatti, è sempre esistito un numero minimo di persone che ha lottato per ridurre la stupidità e per stimolare l’uso dell’intelligenza.
In ogni epoca storica c’è sempre stato un nucleo di persone migliori, perché in pochi è più facile discutere, ascoltare, riflettere e poter essere ascoltati e compresi senza correre il rischio di mortificare l’intelligenza.
Questi nuclei non rappresentano un danno, ma sono la parte più salubre delle organizzazioni umane, in quanto aumentano l’efficienza e l’efficacia delle risposte delle organizzazioni.
Queste unità minime devono essere mantenute per impedire il totale rincitrullimento della società di cui fanno parte, perché le dittature sopprimono la libertà di pensiero, ma anche le democrazie lo fanno, essendo più facile ottenere il voto di persone prive di pensiero critico.
Tutte le forme di potere cercano di creare la consonanza del pensiero e del desiderio per poter massificare le persone, perciò usano l’imbecillità: questa è l’essenza del potere ed è anche il risultato delle scelte culturali delle società.
Borges sosteneva che più la mente è acuta e più gli uomini di talento sono costretti a sentirsi contemporanei delle persone del passato, perché per trovare persone del loro stesso livello devono risalire di secoli indietro : persino Omero, dice Borges, fu costretto a narrare di fatti risalenti ai secoli precedenti.
La specie umana si è evoluta, ma poi ha arrestato lo sviluppo intellettuale.
È tempo che la natura torni a prevalere sulla cultura, afferma Aprile, e che la nostra specie rientri nell’equilibrio della vita del pianeta, smettendola di sconvolgere la Terra prima che il pianeta comprenda che deve difendersi dall’uomo.
Ma tutto questo richiede intelligenza, mentre la nostra vita è sempre più meschina e sottomessa all’imbecillità dilagante, oppressa dalla volgarità diffusa e segnata dall’indifferenza con cui si distruggono le cose più belle.
Si stanno distruggendo le qualità umane migliori, come la gentilezza, la cura e l’attenzione verso il prossimo, perché la nostra specie è tanto stupida da essere autolesionista.
La nostra specie è tanto feroce contro se stessa da aver pianificato gli stermini di intere categorie di persone: anche l’intelligenza, infatti, può essere usata male.
Il male viene quando si sa che esiste un limite da non valicare, ma il limite viene valicato impunemente: di questo dobbiamo diventare consapevoli, se non vogliamo andare verso la rovina.
Questo sarebbe utile anche per dimostrare che l’intelligenza non è scomparsa del tutto, altrimenti in futuro l’uomo non sarà più studiato dalla psicologia, ma dall’archeologia.