Identità sessuale ed identità di genere

Settembre 22, 2024 Identità di genere, Studi scientifici

C’è la volontà di fare confusione per creare divisioni fra le persone, disinformando e facendo leva sull’ignoranza, sugli stereotipi e sui ganci emozionali della gente comune, soprattutto di quella con meno cultura ?

La risposta è – sicuramente – sì.

Veronica Baker


Identità sessuale ed identità di genere

Identità sessuale ed identità di genere
Questi adolescenti possono provare davvero una terribile sofferenza…

Talvolta, alcuni adolescenti hanno un’identità di genere non conforme al sesso assegnato loro alla nascita.
Anche questo è un aspetto dello sviluppo umano : tutte le identità di genere, infatti, possono essere considerate possibili variazioni dell’identità sessuale di una persona.

Questi adolescenti possono provare un’enorme sofferenza, sia psicologica che fisica, dovuta principalmente al pregiudizio sociale e allo stigma di chi non riconosce questa variabilità di genere.

Purtroppo, a volte, lo stigma è addirittura presente anche fra il personale sanitario, con la conseguenza che tali adolescenti devono affrontare un numero impressionante di ostacoli per avere accesso a cure mediche adeguate.

Spesso devono anche confrontarsi con professionisti totalmente impreparati a fornire qualsiasi tipo di supporto.

È importante ricordare che durante la pubertà può manifestarsi un intenso disagio fisico, con conseguente disforia rispetto ai cambiamenti corporei che si sviluppano progressivamente in una direzione non voluta e non desiderata, come la crescita dei peli sul viso e sul corpo, l’abbassamento del tono di voce e lo sviluppo dei genitali negli adolescenti di sesso maschile alla nascita, e lo sviluppo del seno o la comparsa delle mestruazioni nelle adolescenti di sesso femminile.

A causa dello stigma sociale e del disagio fisico, questi adolescenti sono particolarmente vulnerabili dal punto di vista psicologico e presentano un rischio più elevato (scientificamente ben documentato) di sviluppare ansia, depressione, abbandono scolastico, isolamento sociale, autolesionismo e possibili tentativi di suicidio.

Al momento della pubblicazione di questo studio fondamentale (una vera e propria pietra miliare sull’argomento), il tema poteva ancora essere discusso in modo pacato sul web.

Oggi, al contrario, l’estrema polarizzazione che ha raggiunto la nostra società ha radicalizzato il pensiero in modo che ritengo ormai irreversibile, e il dialogo tra le parti è diventato impossibile.


Studio di riferimento

Diamond M. (2002) : Sex and gender are different, sexual identity and gender identity are different. Clinical Child Psychology & Psychiatry July 2002 Vol 7(3) 320-334, https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/1359104502007003002

Introduzione

Negli ultimi decenni il termine “genere” è entrato nell’uso comune soprattutto come sinonimo di “sesso”.
Il termine si è rivelato particolarmente utile, anche se non è mai stata stabilita con certezza la distinzione tra i due termini, sesso e genere, e in quali circostanze uno potrebbe essere più appropriato dell’altro.

Nella maggior parte dei casi, soprattutto nelle conversazioni occasionali, le parole sesso e genere sono usate in modo intercambiabile, e sembra che non faccia molta differenza.

In caso di dubbio, il contesto generalmente chiarisce il significato.
Tuttavia, nei discorsi scientifici, medici, legali, politici e persino religiosi, l’uso discordante dei termini può generare confusione e mancanza di comprensione.

Ecco una citazione da un recente rapporto (Schmidt 2001) :

“Le scoperte di un secondo gene legato alla determinazione del sesso offrono nuove speranze ai genitori i cui figli nascono con questa condizione genitale ambigua, e forniscono preziose informazioni che aiutano i medici a diagnosticare il sesso del neonato più rapidamente e con maggiore precisione”.

Conoscere la genetica del sesso di un bambino nei casi di genitali ambigui non è utile per sapere che aspetto avrebbero i genitali del bambino e certamente non è utile per prevederne il sesso.

Identità sessuale ed identità di genere
Il termine sesso è legato alla struttura anatomica, il termine genere è legato a una condizione sociale e psicologica imposta o adottata…

Infatti, il termine “sesso” è legato alla struttura anatomica, mentre il termine “genere” è legato a una condizione sociale e psicologica imposta o adottata.

Spiegare la differenza a genitori angosciati e medici confusi è una delle cose che mi occupa più tempo.
Sia i genitori che molti professionisti partono dal presupposto che la conoscenza del sesso implichi necessariamente anche quella del genere.
Ma non è sempre così.

Mantenere una chiara distinzione concettuale tra le parole “sesso” e “genere” e i concetti associati è particolarmente utile per comprendere l’identità psicologica.

Questo articolo cerca di dimostrare che, in alcuni contesti – in particolare quelli relativi alla transessualità e all’intersessualità, ma anche in altri casi – è più utile riconoscere (e di conseguenza incoraggiare) la distinzione.

Fin dall’epoca classica, il termine “sesso” è stato utilizzato per designare le questioni relative alla biologia e alla medicina quando si trattava di maschi, femmine o persone bisessuali.

Gli animali, compresi gli esseri umani, sono classificati in base alla produzione di gameti, alla presenza di spermatozoi (maschi) o di ovuli (femmine), o alla presenza di parti del sistema riproduttivo adatte alla produzione e alla consegna di tali gameti.

Tra gli animali non umani, la bisessualità comprende i casi in cui sono presenti componenti riproduttivi sia maschili che femminili. (1)

Tra gli animali, il termine “bisessualità”, a meno che non sia specificato diversamente, si riferisce di solito all’anatomia e non al comportamento sessuale.

In passato, gli esseri umani che presentavano caratteristiche sia maschili che femminili erano detti ermafroditi.
Attualmente, il termine più utilizzato è “intersessuale” (Kessler 1998) (2).

Il termine genere è stato solitamente utilizzato in contesti sociali o culturali, e non in quelli biologici.

Questo termine è stato associato in particolare al linguaggio.
Il primo utilizzo noto della parola genere risale al 1387 d.C., quando T. Usk scrisse :

“No mo genders been there but masculine and femynyne, all the remnaunte been no genders but of grace, in faculte of grammar (Simpson and Weiner 1989) “(3).

Questo contesto per il genere è stato ampliato, tanto che dagli anni ’60 o ’70 la parola viene spesso usata come sinonimo per indicare il sesso di una persona, ma l’enfasi rimane sull’aspetto sociale e culturale, in opposizione a quello biologico.

Nel tentativo di chiarire l’uso dei termini, il giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti Anthony Scalia ha scritto (J.E.B. 1994)

“La parola ‘genere’ ha acquisito la nuova e utile connotazione di caratteristiche culturali o attitudinali (al contrario di quelle fisiche) distintive dei sessi..
In altre parole, il genere sta al sesso come il femminile sta alla femmina ed il maschile sta al maschio”.

Secondo il giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti Ruth Bader Ginsburg, tuttavia, le parole sono intercambiabili.

Racconta di averli utilizzati per comporre le sue memorie legali su questioni legate al sesso/genere, in modo che la parola sesso non comparisse in ogni pagina.
Si dice che la sua segretaria l’abbia incoraggiata dicendo :

“Non sai che quei nove uomini [della Corte Suprema, quando] sentono quella parola la loro prima associazione non è il modo in cui vuoi che pensino (Case 1995)”.

Tenendo presente tutto questo, l’uso contemporaneo dei termini spesso mantiene tali discriminazioni, ma sempre più spesso vengono fatte delle distinzioni.
Molto sembra dipendere dalla vicinanza del narratore/scrittore a riferimenti legati alla biologia, alla medicina, agli studi filosofici, sociali o antropologici.

Per la maggior parte di coloro che si occupano di biologia o medicina, il sesso sembra essere qualcosa di fisso.
Il sesso viene determinato dalle gonadi o viene diagnosticato in base ai gameti che l’individuo possiede o ci si aspetta che possieda, sulla base di qualche altra caratteristica biologica come i cromosomi. (4)

I maschi e le femmine umani, in quanto entità biologiche, sono anche classificati come maschi o femmine, o come individui intersessuali, quando possiedono caratteristiche biologiche sia maschili che femminili.

Tuttavia, come entità sociali, uomini e donne non sono così facilmente distinguibili in virtù della moltitudine di ruoli diversi che svolgono in società diversificate e delle molte decisioni individuali che prendono nella loro vita.

I maschi possono certamente vivere, lavorare o identificarsi come ragazze o donne adeguate o inadeguate alla loro società, e le femmine possono fare lo stesso.

Questo aspetto mutevole delle loro vite è il loro genere. (5)

Ruoli e identità

Nella maggior parte dei casi, i ruoli che una persona interpreta sono legati al sesso di appartenenza.
Il termine “ruolo” indica che i modelli di comportamento esibiti sono appresi o recitati come se fossero in accordo con una sorta di copione sociale (Gagnon e Simon, 1973).

Gli uomini e i ruoli maschili sono tipicamente associati alla forza e alle occupazioni “pericolose”, mentre le donne e i ruoli femminili sono più spesso associati alla crescita dei bambini e alle attività di formazione.

Identità sessuale ed identità di genere
Molte delle differenze culturali e sociali nei modelli di comportamento associati ai due generi, uomo e donna, sono state accettate e riconosciute come costrutti sociali…

Tuttavia, queste distinzioni si sono via via ridotte.
Quello che era considerato un lavoro da uomo è diventato con il tempo anche un lavoro da donna, ed oggi chiunque può svolgerlo.

Molte delle differenze culturali e sociali nei modelli di comportamento associati ai due generi, uomo e donna, sono state accettate e riconosciute come costrutti sociali – nozioni od astrazioni che portano con sé determinate aspettative e classificazioni.

L’uomo di una società occidentale tecnologica ha un significato diverso rispetto a quello dell’uomo di una società africana non tecnologica.
Anche la donna, in entrambi i tipi di società, evoca situazioni diverse.

È proprio questa flessibilità culturale che è al centro delle argomentazioni di scrittori come Michel Foucault (Foucault 1980).

Secondo Foucault, a differenza del sesso, il genere deve essere riconosciuto ed accettato come una variabile fluida che si sposta e cambia in contesti e tempi diversi (6).

Tuttavia, per le persone transessuali e intersessuali, la distinzione tra sesso e genere, come presentata qui, può diventare fondamentale per la loro identità.

I valori che ogni gruppo o singola persona transessuale o intersessuale assegna al sesso e al genere, tuttavia, possono essere molto diversi.

Si suggerisce inoltre che psicologi e filosofi chiariscano le differenze tra i due termini.
Per comprendere al meglio queste distinzioni, è innanzitutto necessario chiarire il concetto di identità.

Il termine “identità” è utilizzato in psicologia, ma anche nella conversazione quotidiana.
Comunemente, le persone si “identificano” come omosessuali o eterosessuali.

Una persona può identificarsi come transessuale o intersessuale senza dover specificare il significato del termine.
Questo uso dei termini è in senso affiliativo.

È come se uno si identificasse come conservatore, ebreo o meccanico.

L’identità sessuale (7) si riferisce invece al modo in cui una persona si percepisce come maschio o femmina.
Questa convinzione interiore di identificazione di solito rispecchia l’aspetto fisico esteriore e il ruolo tipicamente associato al sesso che si sviluppa e si preferisce, o che la società tenta di imporre.

L’identità di genere è il riconoscimento del genere sociale percepito attribuito a una persona.

In genere, un maschio è percepito come un ragazzo o un uomo, dove ragazzo e uomo sono termini utilizzati nel linguaggio comune.
Allo stesso modo, una femmina è percepita come una ragazza o una donna.

Le distinzioni tra ragazzo e ragazza e tra uomo e donna riguardano solitamente l’età e riflettono ancora una volta le differenze nelle aspettative sociali che si accompagnano durante il corso della vita.

Il genere e il ruolo di genere, invece, si riferiscono all’idea che la società ha del modo in cui ci si aspetta che i ragazzi e le ragazze, gli uomini e le donne si comportino e siano trattati.
Un’esibizione di genere, come un ruolo di genere, rappresenta una manifestazione pubblica dell’identità di genere.

Si può anche affermare che una cosa è il sesso, ed un’altra il genere ; che il sesso rappresenta tipicamente, ma non sempre, ciò che si possiede tra le proprie gambe, mentre il genere rappresenta ciò che si trova nel cervello.

Un ruolo sessuale di solito comporta l’attuazione della propria predisposizione biologica.
Nei giovani maschi, questo ruolo è tipicamente associato alla loro natura più aggressiva, combattiva e competitiva rispetto alle giovani donne.

Nelle giovani femmine il ruolo sessuale si manifesta di solito con un comportamento di accudimento e di compromesso, meno frequente nei ragazzi.
Questi potrebbero essere definiti come comportamenti sessuali tipici (maschili e femminili).

I ruoli di genere sono quei comportamenti imposti in modo palese (o nascosto) dalla società.
Secondo Gagnon e Simon (Gagnon e Simon 1973), i ruoli di genere sono comportamenti che possono essere considerati “scritti” dalla società.

Un esempio è il fatto che le ragazze imparano a tenere le ginocchia unite, a cucire i vestiti e a truccarsi, mentre i ragazzi apprendono facilmente le regole degli sport e dei giochi.

Il genere è influenzato dalla società in cui si vive e può avere a che fare con la biologia (Gagnon e Simon 1973).

L’uso e la terminologia presentati in questo studio sono decisamente diversi da quelli utilizzati da John Money e Anke Ehrhardt (1972).
Questi ricercatori non hanno mai usato il termine “identità sessuale”, confondendo i significati appena citati in precedenza sotto i termini “identità di genere/ruolo”, e hanno proposto le loro particolari definizioni :

“L’identità di genere è l’esperienza privata del ruolo di genere, mentre il ruolo di genere è la manifestazione pubblica dell’identità di genere. L’identità di genere può essere letta come ‘identità di genere/ruolo'”. (Pagina 146)

Ma la loro terminologia è priva di significato.
Stoller (1968), ad esempio, ha definito questa percezione interna dell’identità di genere come maschio o femmina “identità di genere centrale”. (8)

Bambini intersessuali

Vediamo come questi termini e concetti possono influire sul bambino in fase di sviluppo. (9)

Una madre di un maschio cromosomico XY di 8 anni con genitali ambigui mi ha detto :

“Mio figlio si pone delle domande sul suo genere.
L’abbiamo cresciuta come una bambina, completamente femmina, fino a oggi, e non sa nulla della sua condizione.

Abbiamo pensato che fosse meglio aspettare, perché una bambina piccola non avrebbe mai capito.
Sempre più spesso, nel corso degli anni, ha detto cose come “non sono una ragazza… sono un ragazzo”…
L’abbigliamento che desidera è neutro…

Gli insegnanti (che non ne sono consapevoli) si lamentano del fatto che è molto maschiaccio…
Tutti i suoi amici sono maschi.

A casa frequenta i suoi fratelli.

La sua forza è incredibile !”.

Alla nascita del bambino, il medico aveva consigliato alla madre di crescerlo come una femmina a causa della mancanza del pene.
Questa raccomandazione era standard fino a pochi anni fa (Diamond e Sigmundson 1997a; b; Diamond 1998; Kipnis e Diamond 1998; Diamond 1999).

Il sesso del bambino è maschile, ma è stato educato come una bambina.
È stato cresciuto fin dalla nascita come una bambina.

Ovviamente, in questo caso, sesso e genere non sono in accordo.

Il bambino sa di essere stato cresciuto come una ragazza, di essere incoraggiato dai genitori e dai medici a vivere come tale e, soprattutto, riconosce di essere visto come una ragazza.

È quindi consapevole della sua identità di genere (sociale).
Tuttavia, pur essendo stato cresciuto come una bambina, manifesta ruoli di genere più tipici di un ragazzo.

Identità sessuale ed identità di genere
Ovviamente questo è un caso in cui sesso e genere non sono in accordo…

Inoltre, nonostante non ne conosca la biologia, il bambino ha sviluppato la propria identità sessuale (interiore), ovvero il bambino sente interiormente di essere un ragazzo o di dover essere un ragazzo.

Questa presa di coscienza avviene confrontando i propri sentimenti, interessi, atteggiamenti e preferenze con quelli dei coetanei di sesso opposto e giudicando che il proprio modo di vivere da maschio si “adatta” meglio alla realtà che il bambino conosce (Diamond, 1999).

Il bambino ha cromosomi maschili (è uno pseudoermafrodita maschio intersessuato) con il genere assegnato di una ragazza.

Quando il bambino crescerà e diventerà più consapevole della sua storia, prevedo che probabilmente arriverà a vivere come un uomo o nel modo più vicino possibile a un genere neutro.

Arriverà a riconoscere la propria condizione di intersessualità e potrebbe scegliere di identificarsi apertamente come tale.

La madre mi ha chiesto se ritenevo fosse meglio permettere al bambino di vivere come un ragazzo o se fosse meglio procedere con la somministrazione di ormoni femminilizzanti in età prepuberale, come consigliato dai medici.

Il mio consiglio è stato quello di permettere al bambino di vivere come un ragazzo e di favorire lo sviluppo tipico maschile.
Questa gestione, nonostante l’ambiguità genitale, consentirebbe una migliore corrispondenza tra sesso e genere rispetto a quella attuale.

La ricostruzione dei genitali può avvenire in un secondo momento, se lo vorrà.

Transessualità (potenziale)

Nel mondo reale, chi nasce transessuale (N.d.T. : per semplicità utilizzo i termini relativi alla situazione MtF, ma la situazione opposta FtM presenta una situazione assolutamente analoga e soprattutto esattamente simmetrica), non essendo diverso dagli altri, viene allevato secondo le consuetudini, maschio o femmina, in base a come la società considera i genitali.

A differenza di molti bambini nati con caratteristiche intersessuali, non c’è modo di identificare chi si svilupperà successivamente come transessuale.

Per questo motivo il termine “transessuale” deve essere esclusivamente utilizzato per le persone adulte (o per adolescenti in età avanzata, intorno ai 16-17 anni) che manifestino in modo inequivocabile sintomi diagnostici di Disforia di Genere (o disturbo dell’identità di genere, Gender Identity Disorder), e non deve mai essere utilizzato per i bambini.

Nel DSM-IV (N.d.T. : oggi DSM-V) sono presenti criteri separati per la GID dei bambini (302.6) e per la GID degli adolescenti e degli adulti (302.85) (Frances, 1994).
Un bambino o un adolescente con un disturbo di identità di genere non è generalmente considerato transessuale fino all’età adulta.

Inoltre, alcuni medici, come Issay (1997) e Menvielle (1998), hanno sostenuto che la GID infantile non dovrebbe essere inserita nel DSM, in quanto potrebbe essere confusa con un sintomo di orientamento omosessuale.
Cohen-Kettenis (2001) e Zucker (2001) hanno invece un parere esattamente opposto.

Infatti, un bambino potrebbe manifestare un possibile Disturbo di Identità di Genere, ma nella maggior parte dei casi, come riportato da Green (1987), Zucker e Bradley (1995) e Zucker (2001), si risolve spontaneamente.

Tuttavia, Cohen-Kettenis (2001) ha riscontrato che una grande percentuale di quei bambini che hanno manifestato una GID sin dalla prima infanzia (17 su 74), da adolescenti continuano a manifestare comportamenti disforici di genere e, una volta diventati maggiorenni, hanno richiesto un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale.

Il conflitto di identità di genere può manifestarsi in tenera età, come illustrato dalla seguente parte di un dialogo registrato tra un terapeuta (intervistatore =I) ed un bambino di 4 anni (Zucker, Bradley et al. 1992) :

Colloquio con il bambino :

I : Sei una bambina ?
C : Sì

I : Quando sarai grande, farai la mamma o il papà ?
C : Mamma.

I : Da grande potresti fare il papà ?
C : No.

I : Ci sono cose positive nell’essere un ragazzo ?
C : No.

I : C’è qualcosa che non ti piace dell’essere maschio ?
C : Sì.

I : Dimmi alcune delle cose che non ti piacciono dell’essere un ragazzo ?
C : Perché lo odio. Perché dobbiamo fare cose stupide, seduti.

I : Pensi che sia meglio essere un ragazzo o una ragazza ?
C : Una ragazza.

I : Perché ?
C : Perché è divertente : si sta seduti e si parla.

I : Nella tua mente, ti sei mai chiesto se ti piacerebbe essere una ragazza ?
C : Sì.

Questo bambino è consapevole di essere stato cresciuto come un ragazzo, ma si percepisce come una ragazza.

Questa consapevolezza di come vive e come ci si aspetta che viva nella società è ciò che definisce la sua identità di genere.
La percezione di sé come una bambina è ciò che chiamiamo “identità sessuale”.

Questa differenza tra identità di genere e identità sessuale, che viene diagnosticata come disturbo dell’identità di genere, può persistere (o meno) nell’età adulta.

Se persiste, il bambino sarà diagnosticato come transessuale e sarà sottoposto a terapia ormonale, a un intervento chirurgico o a entrambi, per modificare le proprie caratteristiche in modo da essere considerato una donna.

La modifica della sua anatomia in modo che assomigli a quella di una donna faciliterà la sua accettazione sociale e la sua vita come donna.
In questo modo, la sua identità di genere e la sua identità sessuale diventeranno concordanti. (11)

Il percorso che una persona transessuale affronta per arrivare alla sua trasformazione fisica può essere tortuoso e pieno di conflitti.
Questo processo può richiedere un lungo periodo di introspezione e psicoterapia.

Non poche si sottopongono a una serie di autotest per cercare di capire se sono maschi o femmine o se devono vivere come uomini o donne (Diamond 1996).

Per altre, invece, i processi interiori sono relativamente semplici e non nutrono dubbi sulla correttezza della loro decisione.
In generale, tuttavia, il loro mantra finale sarà “cambia il mio corpo, non la mia mente”.

Socialmente lui diventa lei e lei diventa lui.
L’identità sessuale della persona transessuale è immutabile.

Intersessualità

Un individuo intersessuale è nato con caratteristiche fisiche sia maschili che femminili.

Per esempio, una persona può avere XX nella configurazione cromosomica, ma un fallo di tipo maschile; un’altra persona può avere XY nella configurazione cromosomica e non avere un pene, ma una vagina.
Una persona intersessuale può avere genitali di carattere ambiguo o apparire “normale”.

Gli uomini e le donne intersessuali possono identificarsi come femmine, maschi o intersessuali e possono vivere in modo apparentemente femminile o maschile, oppure in una sorta di modo neutro (Diamond, 1999).

Identità sessuale ed identità di genere
Per questo motivo ritengo che sia meglio che sia il bambino stesso, soprattutto dopo la pubertà, ad avere l’ultima parola su come vivere…

I bambini intersessuali, pur non essendo consapevoli della loro condizione, possono comunque manifestare questa condizione di “castità” nella scelta di abiti, acconciature e comportamenti.

La varietà delle condizioni intersessuali è così ampia che è possibile fare solo ampie generalizzazioni su come l’identità sessuale e l’identità di genere di un individuo possano essere messe a confronto.

Mentre alcuni individui intersessuali possono facilmente conciliare le loro incongruenze biologiche con il modo in cui sono cresciuti e con la vita che conducono, altri trovano grandi difficoltà a conciliare le disparità che percepiscono e le aspettative sociali con cui si confrontano.

Anche all’interno della stessa categoria di intersessualità, esistono grandi differenze.
Per questo motivo ritengo che sia meglio che sia il bambino stesso, soprattutto dopo la pubertà, ad avere l’ultima parola su come vivere (Diamond e Sigmundson, 1997).

Prima di concludere, vorrei sottolineare che il problema non è se una persona, ad esempio un maschio, pensa di avere un aspetto o un comportamento “abbastanza” maschili per soddisfare il suo ego o qualche stereotipo sociale.

La maggior parte degli uomini desidera accentuare alcuni aspetti del proprio sé maschile.
Lo stesso vale per le donne.

La maggior parte delle donne vorrebbe poter migliorare qualche aspetto del proprio aspetto femminile e modificare qualche aspetto del proprio comportamento.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi, non ci sono dubbi riguardo alla propria identità sessuale di base, nonostante la possibile mancanza di alcune caratteristiche di genere socialmente preferite.

Orientamento sessuale

L’identità sessuale, l’identità di genere e i ruoli di genere sono aspetti della vita strettamente legati all’orientamento sessuale di una persona.
L’orientamento sessuale si riferisce al sesso del partner erotico, amoroso o affettivo che una persona predilige.

Per descrivere l’orientamento, il più delle volte si usano i termini eterosessuale, omosessuale e bisessuale.

Dal punto di vista scientifico, sarebbe meglio se questi termini fossero usati come aggettivi e non come sostantivi, riferendosi ai comportamenti e non alle persone.
Nell’uso comune, tuttavia, si parla spesso di una persona come omosessuale o eterosessuale.

In effetti, le persone tendono a definirsi in questo modo.

Il termine “omosessuale” dovrebbe essere riservato a coloro le cui attività sessuali sono esclusivamente (o quasi esclusivamente) con membri dello stesso sesso, il termine “eterosessuale” a coloro i cui compagni erotici sono sempre o quasi sempre di sesso opposto e il termine “bisessuale” a coloro che hanno attività sessuali più o meno regolari con membri di entrambi i sessi (Diamond 1993).

Ultimamente, nel linguaggio comune si sono diffusi anche i termini androfilo, ginofilo e ambifilo per descrivere il partner sessuale o erotico preferito (andro = maschio; gineco = femmina ; ambi = entrambi; philic = amare) (Diamond 1997).

L’uso di questi termini evita la necessità di definire specificamente il sesso o il genere della persona a cui ci si riferisce e si concentra unicamente sul sesso del partner desiderato.

Questa chiarezza d’uso è particolarmente vantaggiosa quando si parla di persone transessuali o intersessuali.
Per esempio, cosa farebbe pensare a una persona intersessuale di essere omosessuale o eterosessuale ?
Questi ultimi termini, inoltre, non hanno il peso sociale o i tabù delle prime/dei primi. (12)

Prima di concludere, va inoltre segnalato che i maschi che hanno comportamenti omosessuali, per esempio, possono sentirsi a proprio agio nel loro corpo maschile e non avere modelli di comportamento atipici per il genere.
Lo stesso vale per le lesbiche, che possono essere soddisfatte del loro sesso e del loro ruolo di genere.

Nella maggior parte dei casi, l’identità, l’orientamento e il genere sono in armonia tra loro.
Il maschio “normale” si percepisce come tale, si comporta in modo maschile, una combinazione di modelli comportamentali di genere determinati biologicamente e socialmente, è trattato come un maschio dalla società e preferisce avere interazioni sessuali con le donne.

La donna “normale” si vede come tale, agisce in modo femminile – anche questa una combinazione di comportamenti biologicamente e socialmente determinati – è trattata come femmina dalla società e preferisce avere interazioni sessuali con i maschi.

Per la persona “normale” non esiste alcun conflitto tra identità sessuale e di genere e non fa differenza che i termini in questione si riferiscano a cose diverse.

Consideriamo ora la persona “atipica”.

Quando si verificano delle differenze sostanziali, ad esempio quando una persona desidera vivere nel genere opposto a quello in cui è cresciuta per una qualsiasi delle varie ragioni, i significati distinti dei termini e la loro utilità diventano immediatamente chiari.

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L’acronimo PRIMO serve come mnemonico per tenere a mente queste cinque caratteristiche…

È utile notare che tutta la discussione ha riguardato tre dei cinque aspetti centrali della vita normalmente utilizzati per definire il profilo sessuale di una persona.

Oltre ai tre già citati, i modelli di ruolo di genere, l’identità sessuale e l’orientamento sessuale, ritengo opportuno includere gli aspetti dei meccanismi sessuali e della riproduzione.

I meccanismi si riferiscono a quei processi solitamente associati alle attività sessuali.
Ad esempio, l’erezione e l’eiaculazione per gli uomini, e la lubrificazione, la gravidanza e l’allattamento per le donne.

L’acronimo PRIMO aiuta a ricordare queste cinque caratteristiche (Diamond 1995).

Gli esempi che seguono mostrano alcuni casi in cui i termini sono applicati correttamente.
Le citazioni sono relativamente “normali” e, con solo delle piccole modifiche, tratte da testimonianze tratte dalla vita reale.

L’intensità dei sentimenti di identità può variare nel corso della vita.
Possono talvolta essere presenti periodi di dubbio e di conflitto, oppure non essere mai presenti del tutto.

Donna od uomo “normale”

“I miei genitori volevano essere al passo con i tempi nel modo in cui hanno cresciuto me e i miei fratelli, lasciandoci fare quello che volevamo.
Io ero un vero maschiaccio.

A prescindere dallo spazio in cui potevo esprimmi, non ho mai avuto dubbi su ciò che ero o su come preferivo vivere”.

La persona “media” si interroga talvolta sul proprio grado di mascolinità o femminilità, ma non si chiede mai (o molto raramente) se è maschio o femmina.
L’identità sessuale è conforme all’anatomia sessuale e lo stesso vale per l’identità di genere. (13)

Transessuale (da maschio a femmina)

“Mio padre voleva fortemente che, una volta diventato grande, remassi e pescassi con lui, in poche parole che seguissi le sue orme.
Io però non ero fatto così.

Fin dall’età di sei o sette anni, o forse anche prima, sognavo di farmi crescere i capelli lunghi, di dipingermi le unghie e di indossare bei vestiti”.

In questo caso la persona è ovviamente consapevole del proprio sesso maschile, ma desidera vivere come una donna.
Sebbene sia consapevole di essere un maschio, la sua identità sessuale è femminile.

È anche consapevole che la sua identità di genere, come maschio, il modo in cui era stato percepito dagli altri nella sua comunità, non corrisponde alla persona che si immaginava di essere.

Dopo gli appropriati interventi chirurgici, la sua identità di genere e la sua identità sessuale coincideranno.
Modificando il suo corpo, la sua mente e il mondo che la circonda, diventerà una donna.

Transessuale (da femmina a maschio)

“Quando facevamo sesso le cose non sembravano mai giuste.
Mi sono sempre sentito un maschio, ma soprattutto nelle situazioni erotiche pensavo che avrei dovuto avere un pene al posto di ciò che avevo.

Sebbene mi sentissi così da molti anni, in queste situazioni mi sono sempre sentito ancora più fortemente come un uomo.
E anche se per diversi anni mi sono considerata una lesbica butch molto mascolina, mi sono resa conto che non era sufficiente per me.

Non mi sembrava giusto vivere così.
Dopo l’intervento di riassegnazione del sesso, però, le cose sono andate bene.

Essere un uomo ha risolto i miei problemi”.

Questa donna ha un’identità sessuale maschile.
Tuttavia, sapeva che il mondo la riconosceva come donna e questo la faceva sentire a disagio.

La sua ginofilia non è stata un fattore importante nel desiderio di transizione, anche se sembrava rendere le cose più semplici.
La sua identità di genere sociale era quella di una donna, ma lei si vedeva come un uomo.

L’intervento di riassegnazione ha portato la sua identità di genere in accordo con la sua identità sessuale; il suo corpo è stato rimodellato per conformarsi all’immagine che aveva nella mente.

Prima di concludere, è istruttivo riportare le parole di una transessuale MtF altamente istruita che mi ha raccontato il motivo che l’ha spinta a transizionare.

“Se c’è qualcosa che voglio gridare dai tetti è che alcune di noi vogliono cambiare il proprio corpo per ragioni che hanno poco o nulla a che fare con la facilitazione della nostra accettazione come donne.

Vogliamo cambiare il nostro corpo solo perché vogliamo cambiarlo.
A volte decidiamo di cambiarlo anche se sappiamo che non saremo mai accettate come donne”.

Intersessuale (soddisfatta della sua situazione)

“Quando mi sono trovata di fronte alla diagnosi per la prima volta, ero spaventata e ho rischiato di crollare.
Ora l’ho accettata e vado avanti con la mia vita.

Mi sono sempre sentita una femmina e una femminista, e mi sento a mio agio a vivere come donna”.

Questa persona, con cromosomi e testicoli XY, fino alla diagnosi non aveva dubbi sulla sua identità sessuale di donna.
Si è sempre considerata una donna e accetta di vivere come tale.

Accetta la sua identità di genere come donna e, nonostante le preoccupazioni per l’infertilità e altre caratteristiche comuni alla sua condizione intersessuale, si presenta al mondo in modo riservato. (14)

Intersessuale (insoddisfatta della sua situazione)

“Fin da quando ero piccola ho vissuto con il dubbio su chi fossi.
Mi sono sempre sentita una femmina piuttosto che un maschio, perché sono stata cresciuta come tale.

Quando ho scoperto di avere cromosomi sia maschili che femminili, con la sindrome di Klinefelter (47, XXY), ho pensato che avrei potuto (e soprattutto dovuto) vivere come la donna che sentivo di essere”.

Questa donna, pur essendo molto giovane, aveva sviluppato un’identità sessuale diversa da quella che le era stata attribuita, come molte persone che prima o poi si sottoporranno a un intervento di riassegnazione del sesso.

Così, nonostante fosse stata educata come un maschio ed avesse un pene, si immaginava di crescere come una donna.

Nella società, la sua identità di genere è conforme alla sua identità sessuale.
Per questo motivo, si è sottoposta a interventi chirurgici ai genitali e a interventi di mastoplastica additiva.

Ultimamente, con una maggiore libertà in molte aree sociali, in Occidente sta diventando più comune per le persone che vivono una condizione di intersessualità accettare la propria condizione e identificarsi come persone intersessuali piuttosto che considerarsi maschi o femmine.

Sebbene ciò possa risolvere alcune questioni di natura psichica, questa posizione non è priva di costi sociali e di ripercussioni legali.
Potrebbero esserci difficoltà nell’ottenere la patente di guida, il passaporto o nel verificare il certificato di nascita.

Questo può ostacolare la possibilità di conoscere potenziali partner.

Maschio, sesso riassegnato a causa di un trauma genitale

“Anche se sono stata cresciuta come una ragazza, ho sospettato di essere un ragazzo sin dalla seconda elementare.
All’età di 14 anni ho deciso che avrei vissuto come un ragazzo, altrimenti mi sarei ucciso”.

Questa dichiarazione mostra chiaramente una persona che ha un’identità sessuale maschile e che esprime con forza il suo desiderio di vivere come tale.
Ha sentito la necessità impellente di far coincidere la sua identità di genere con la sua identità sessuale.

Una volta effettuato il cambiamento, è stato ben accettato nel suo nuovo ruolo sociale. (N.d.T.: si tratta della vicenda di vita riguardante David Reimer, che purtroppo ha avuto successivamente un esito tragico, con il suicidio del protagonista della storia)

Drag Queen

“Questo è il modo in cui mi vedo.
Mi piace sfilare indossando abiti femminili e tacchi come faccio.

Certo, ricevo molte lamentele dagli eterosessuali del quartiere, ma non ho dubbi su chi sono e su cosa faccio”.

Questo uomo accetta di confrontarsi con le forti convenzioni sociali in contrasto con il suo comportamento.
Mantiene un’identità sessuale maschile e non vuole rinunciare al suo pene.

Non considera la sua presenza come incongruente con l’identità o il ruolo di genere di una donna.
Per il mondo occidentale in cui vive, il suo genere è quello di una donna, mentre il suo sesso è maschile.

È disposto ad accettare questa incongruenza per i vantaggi reali e potenziali che percepisce.
Fatta eccezione per i travestiti da palcoscenico, le drag queen sono eterosessuali. (15)

Travestito

Come molti dei termini presentati, questo sostantivo ha una storia lunga e soprattutto molto variegata.
Coniato per la prima volta da Magnus Hirschfeld (1868-1935), questo termine si riferiva a individui, solitamente uomini, che cercavano e ricevevano piacere erotico indossando gli abiti del sesso opposto.

Hirschfeld utilizzò il termine per individui che potevano avere comportamenti eterosessuali, omosessuali o bisessuali, ma descrisse anche individui che si travestivano solo per piacere autoerotico.

Attualmente, molti travestiti respingono l’accusa di essere legati all’autoerotismo e sostengono che si tratta fondamentalmente di soddisfare una caratteristica della loro personalità che non possono esprimere altrimenti.

Nella stampa generale o nel linguaggio quotidiano, il termine potrebbe essere applicato a chiunque si travesti.
Tra la maggioranza dei sessuologi, tuttavia, il termine travestito si riferisce di solito agli uomini che hanno un orientamento ginofilo.

Riflessioni finali

In precedenza, ho osservato che i termini “eterosessuale”, “omosessuale” e “bisessuale” potrebbero essere utilizzati con molto più costrutto come aggettivi piuttosto che come sostantivi, poiché troppo spesso questi termini etichettano le persone come se fossero l’unico aspetto del loro carattere, invece di rappresentare solo una sfaccettatura della personalità e della vita.

Penso che questa “avvertenza” possa essere estesa anche a tutti gli altri termini spesso usati come etichette per le persone.
Non si è semplicemente lesbiche, travestiti o transessuali, così come non si è semplicemente adolescenti, ebrei, repubblicani od idraulici.

Allo stesso modo, quando si usano etichette come “vittima” o “carnefice”, si finisce per negare alle persone a cui ci si riferisce il riconoscimento di altre caratteristiche, probabilmente migliori.
Il pericolo è che le persone così etichettate arrivino a vedere esclusivamente quell’aspetto di sé, limitando o privando la propria vita di altre dimensioni di espressione significativa.

Oppure potrebbero pensare di doversi conformare a un modello di comportamento stereotipato.
Soprattutto per i bambini e gli adolescenti, valorizzare e sostenere i molteplici aspetti della personalità di un individuo è una pratica clinica apprezzabile.

Questo documento ha cercato di migliorare la chiarezza nella comprensione e nella comunicazione dei diversi termini.
In particolare, è stata posta enfasi sui termini “sesso”, “genere”, “identità sessuale” e “identità di genere”.

L’utilità di questa operazione è particolarmente evidente quando si fa riferimento a persone appartenenti a vari gruppi minoritari, come transessuali, persone con sindrome di intersessualità o altri.
L’obiettivo è standardizzare questi termini ampiamente utilizzati, per favorire un dibattito più civile su questi argomenti.

Inoltre, consente di documentare in modo più preciso il percorso clinico ontogenetico di una persona che ha vissuto una vita “atipica”.
È inoltre fortemente consigliato di non utilizzare questi termini come etichette omnicomprensive.

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Note finali

(1) Anche le piante possiedono caratteri sessuali.
Nel loro caso, tuttavia, il termine è usato per descrivere le piante che presentano sia caratteristiche maschili che femminili.

(2) Il termine androgino è usato anche, ma meno frequentemente, per indicare una persona intersessuale.

(3) Il motivo per cui alcune lingue assegnano i sostantivi a un genere maschile, femminile o neutro è tuttora un problema che lascia perplessi i linguisti.

(4) In alcune specie, come molti tipi di pesci, un individuo può essere inizialmente maschio, quando produce sperma, e successivamente femmina, quando produce uova, oppure può trovarsi in una fase di transizione da un sesso all’altro.
In genere queste specie non presentano cromosomi sessuali.

(5) Per un biologo, gli animali e le piante non umani non hanno un genere.

(6) Esistono, tuttavia, molti altri modi di concepire il genere.
Richard Ekins e Dave King, ad esempio (1999, 2001), danno un diverso significato al termine “ungender”.

Si tratta di processi che permettono di modificare radicalmente le tradizionali distinzioni di genere.
Questo spesso comporta tentativi da parte delle persone di “negare”, “trascendere”, “migrare da”, “cancellare” o “negare” gli attributi di genere.

Questi autori utilizzano anche una nuova terminologia come “femaling maschile”, “maling femminile”, “transgendering” e “oscillating”.
Tutti questi termini si riferiscono a diverse tecniche che le persone utilizzano per alterare aspetti del loro sesso, genere ed erotismo.

(7) In alcuni contesti, come nella cosiddetta cultura lesbica o gay, l’identità sessuale si riferisce al fatto che l’individuo si consideri eterosessuale, omosessuale o bisessuale.
Tra i sessuologi, invece, la relazione con un partner sessuale è chiamata “orientamento sessuale” o “preferenza sessuale”.

(8) È possibile che Money ed Ehrhardt (1972) non abbiano separato il concetto di identità sessuale da quello di genere, poiché ritenevano che lo status sociale, e soprattutto il genere assegnato, avrebbe portato a un’identità sessuale concordante.

(9) Questo è un caso reale che mi è stato sottoposto al momento della stesura di questo articolo e le citazioni sono proprio queste.

(10) Questi sono i risultati di studi di follow-up su persone che hanno manifestato una GID sin da bambini e che hanno ricevuto un trattamento (farmacologico e/o chirurgico).
Tuttavia, questi studi non includono la revisione dei bambini con GID che non hanno ricevuto alcun trattamento.

Sono necessari ulteriori studi per verificare l’efficacia del trattamento ste

(11) Esiste un acceso dibattito riguardo alla metodologia di cura da seguire per questi bambini.
Esperti medici come Zucker (1990, 2001), Rekers, Kilgus e Rosen (1990) e Cohen-Kettenis (2001) ritengono che sia meglio curare questi bambini per prevenire il rifiuto da parte dei coetanei, la depressione, le psicopatologie associate e un possibile transessualismo in età adulta.

Altri, come Coleman (1986), mettono invece in dubbio l’etica o la necessità di tale intervento.
Gli studi a lungo termine non hanno ancora portato a risultati certi, ma sembra che i problemi per i bambini siano notevolmente mitigati nel primo caso.

(12) Ci sono molte persone che hanno rapporti sessuali con membri del proprio sesso, ma che non si considerano omosessuali né fanno parte della comunità gay.
Per questo motivo, così come per altri, coloro che si occupano di ricerca sull’AIDS, ad esempio, invece di riferirsi ai comportamenti omosessuali usano la denominazione “maschi che fanno sesso con uomini” (MSM).

(13) La discussione sul cosiddetto “vero sesso” è nata nel XVIII secolo, quando medici e scienziati hanno cercato di comprendere il fenomeno dell’intersessualità.
Il dibattito è ancora aperto oggi, quando le diverse caratteristiche biologiche e sociali sono in evidente conflitto.

Per una persona “normale”, tuttavia, la questione non si pone, perché tutte le caratteristiche di base del sesso e del genere sono concordi.
Per una visione storica dell’argomento si veda Dreger, A. D. (1998). Hermaphrodites and the Medical Invention of Sex. Cambridge, Mass, Harvard University Press.

(14) Sebbene questa donna abbia accettato la sua insensibilità agli androgeni (AIS), ciò non significa che non abbia avuto conflitti lungo il suo percorso di conoscenza di sé.
Tuttavia, affronta la sua situazione con i suoi aspetti negativi e cerca di trarne il meglio, come farebbero altre persone con le loro particolari difficoltà di vita.

(15) Esistono anche i Drag King, ma sono molto meno comuni.
Le loro attività e i loro modelli di pensiero sono simili a quelli delle Drag Queen, con la differenza che le Drag King preferiscono la vita nel genere maschile e sono ginecofile.


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